Manovra, così il siluro di Giorgetti lacera la tela anti-Ue di Salvini

Manovra, così il siluro di Giorgetti lacera la tela anti-Ue di Salvini
di Marco Conti
Lunedì 24 Giugno 2019, 12:00 - Ultimo agg. 19:42
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Più che la Commissione Ue è Salvini ad agitare i sonni del premier Conte e del ministro dell'Economia Tria. I due si vedranno forse oggi per fare il punto sulla nota di assestamento di bilancio che verrà portata mercoledì in consiglio dei ministri. In mezzo è molto probabile un vertice di maggioranza con i due vicepremier. Nel frattempo, notano a palazzo Chigi, il vicepremier leghista da sotto l'ombrellone di Milano Marittima «avvelena i pozzi» del confronto con la Commissione.

La scorsa settimana, mentre Conte era a Bruxelles, Salvini trovò importante dire «o la flat tax o me ne vado». Ora l'idea di anticipare la manovra a luglio, in stile Giulio Tremonti 2008, è considerata un altro gatto morto gettato su una trattativa molto complicata. Oltre ai numeri contano le dichiarazioni e le promesse. Le ultime uscite del leader della Lega non rassicurano i commissari europei, anche perché il risultato delle elezioni europee hanno attribuito una forza non da poco alla Lega che potrebbe decidere di consolidare mandando il Paese al voto anzitempo.
 
Ansie e angosce che ieri, solo in parte, ha stemperato Giancarlo Giorgetti con la bocciatura senza appello dei minibot e del suo proponente. Il sottosegretario leghista a palazzo Chigi ha di fatto sposato la tesi di Mario Draghi e del ministro dell'Economia. Una mossa che qualcuno valuta in chiave di nomina a commissario europeo, ma che nell'immediato ha il senso di rimettere con i piedi per terra tutto il dibattito sul debito pubblico che per Giorgetti va quindi pagato in euro e non con «i soldi del Monopoli», come definì Confindustria i minibot. La bocciatura senza appello del presidente leghista della Commissione Bilancio, segna però una sorta di frattura nella Lega tra l'ala ortodossa (Giorgetti, Zaia, Fontana), e quella più fantasiosa ed euroscettica (Borghi, Bagnai), ma anche una sconfessione di Salvini al quale i minibot non dispiacciono. Anzi, è stato proprio Salvini a pretenderne l'inserimento nel contratto di governo. La sconfessione di Borghi, operata dal numero due della Lega al governo, mina la narrazione leghista perchè chiude una via di fuga dalla realtà che ha di fronte ogni giorno il titolare del Mef e diventa una pesante negazione di tutto quell'armamentario euroscettico secondo il quale basta vedere l'economia da un'altra angolazione, scrollarsi le regole Ue e della finanza, per raggiungere un mondo migliore.

Ma l'ala ortodossa della Lega è la stessa che mostra insofferenza per l'alleanza con il M5S e continua a turarsi il naso solo in attesa di incassare le intese autonomistiche. Tenere alta la tensione sulla nota di correzione, e quindi con l'Europa, potrebbe quindi servire a Salvini per dare il via libera a Conte e Tria sulla trattativa con la Ue pur di spuntare il via libera alle intese con le regioni Lombardia e Veneto che la Lega vuole discutere nel consiglio dei ministri di dopodomani sera.

Resta il fatto che anticipare la manovra autunnale di bilancio significa trovare subito i soldi anche per la flat tax. La cifra pretesa da Salvini per ridurre le tasse, varia. Scesa sabato a 10 miliardi, ieri è risalita a 15, e resta comunque una dotazione cospicua che, se unita ai 23 miliardi necessari per evitare l'aumento dell'Iva e ai nove di correzione, dimostra quanto disperata sia la mission del ministro Tria, e giustifica l'apprensione del premier che dal consiglio europeo della scorsa settimana ha maturato la convinzione che sulla richiesta di procedura occorra rispondere puntualmente per evitare di offrire un assist a coloro fremono dalla voglia di dare una punizione al primi governo sovranista dell'eurozona.

Se Salvini deve vedersela con Giorgetti, Di Maio ha un problema ancora più grande che si chiama Di Battista.

La sortita dell'ex parlamentare sul doppio mandato da abrogare rischia di complicare il rapporto di Di Maio con l'alleato. Infatti senza il timore di andare a casa e non avere altre chance, più di un parlamentare grillino potrebbe togliersi qualche sassolino dalla scarpa. E così il rischio dell'incidente aumenta anche se in Parlamento si procede ormai a colpi di fiducia.

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