Il Colle non drammatizza, più opzioni
per gestire l'eventuale crisi

Il Colle non drammatizza, più opzioni per gestire l'eventuale crisi
di Paolo Cacace
Domenica 4 Dicembre 2016, 07:39
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Oggi voterà nella sua Palermo, come di consueto. Ma già stasera Sergio Mattarella farà ritorno al Quirinale per seguire dal suo studio in tv, minuto per minuto, i primi risultati del voto referendario. L'attesa del Presidente e del suo staff - è inutile nasconderlo - è molto forte. Tuttavia, la parola d'ordine resta quella di sdrammatizzare il più possibile il significato del responso delle urne, da circoscrivere al merito di una contesa, ancorché significativa, sulla riforma costituzionale ma da non considerare come un giudizio decisivo sul nostro futuro. Soprattutto perché - non da oggi - l'obiettivo principale del Colle è di tenere al riparo il Paese dai rischi dell'instabilità e dall'incertezza. Del resto, il Colle lo ha ricordato di recente in un incontro al Quirinale.

Il presidente della Repubblica assomiglia un po' a un arbitro: «questo è un po' il mio compito, questo avviene spesso con due attività: esortazione e suggerimenti, cioè attraverso la persuasione. Quindi è un lavoro che in larga parte non si vede perché non si fa con i proclami. La persuasione è più efficace se non viene proclamata in pubblico. Questa attività di esortazione e di suggerimenti non si vede ma è la più importante attività del Capo dello Stato».

Non a caso, forse, Mattarella ha deciso di confermare per mercoledì prossimo la visita a Milano, con la partecipazione alla prima di Madame Butterfly alla Scala. Quasi ad indicare che il dopo voto avverrà senza strappi o accelerazioni. Qualunque sarà il responso delle urne. Il che significa che Mattarella manterrà in ogni caso un ruolo di rigoroso e imparziale arbitro, vigilando sul rispetto delle regole e delle procedure costituzionali.
È evidente che lo scenario cambierà sensibilmente a seconda che dalle urne esca una vittoria del Sì o del No. Nel primo caso, è difficile immaginare una crisi di governo e quindi si può prefigurare - almeno sulla carta - una scadenza normale della legislatura nel 2018 mentre nel secondo caso lo stesso Renzi verosimilmente salirebbe sul Colle dimissionario. Ma la strategia di Mattarella è quella di non dare nulla di scontato. E di affrontare pragmaticamente i problemi soltanto quando ci sono tutti gli elementi di valutazione. Anche perché - come è noto - egli ha sempre sostenuto che il voto referendario non può essere considerato come un voto di fiducia nei riguardi dell'esecutivo.

Dunque soltanto se Renzi sconfitto dovesse confermare la sua intenzione di rassegnare il mandato, Mattarella attiverebbe le procedure previste dall'art.88 della Costituzione. È presumibile che rinvierebbe il governo alle Camere. A quel punto, dopo il passaggio parlamentare, si aprirebbero le consultazioni sulle quali avrebbe un peso non indifferente il problema della legge elettorale da riformare. E si capirebbe se ci sono margini per un Renzi-bis oppure se è inevitabile la via al voto anticipato.