Micheli: «Milano è magica
per l'intesa con il governo»

Micheli: «Milano è magica per l'intesa con il governo»
di Marco Esposito
Venerdì 23 Settembre 2016, 08:23 - Ultimo agg. 08:24
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Prima l'Expo, ora il Salone del libro e l'Human Technopole... Milano pigliatutto è un problema per l'Italia?
«Il mugugno verso Milano è un complesso più che altro torinese - risponde Francesco Micheli, parmigiano di nascita, finanziere di lungo corso con la passione per l'arte e la tecnologia -. Lo dico a ragione veduta: MiTo Settembre Musica è nata con me, ma avvicinare Torino e Milano è stata una fatica terribile perché Torino ha la costante paura di perdere ruolo».
Però è vero che l'Italia è fatta di numerose aree metropolitane e che ciascuna dovrebbe avere un suo ruolo...
«Non sono poi così tante. Milano e Torino appartengono alla medesima area ma non si riesce a creare un amalgama. Il dna austriaco di Milano e quello calvinista di Torino dovrebbero spingere a cooperare eppure così non accade».
Se il Salone del libro di Torino si sposta a Milano dov'è la collaborazione?
«Le cose cambiano. Anche la Fiera del libro di Francoforte non è più quella di una volta. I teatri lirici e i musei se non si aggiornano vanno in crisi. Oggi le persone sono attratte da una experience. Se porti un singolo quadro a Palazzo Marino si fa una fila chilometrica mentre un museo bellissimo ma uguale a se stesso resta vuoto».
Non c'è dubbio. Ma un evento lo si può fare ovunque, non è che diventa evento solo se accade a Milano...
«Milano vive un momento magico, in effetti. L'Expo pur con i suoi costi ha creato in città un sentimento positivo e in economia i sentimenti contano più dei soldi».
Su Expo si è scelto di investire 1,2 miliardi di fondi pubblici. Con quella cifra anche a Palermo sarebbe cambiato il sentimento.
«Certamente. Ma l'ho detto: l'Expo ha avuto un costo elevato. Però ha innescato un processo il quale, pur con aspetti folcloristici, ha avuto una funzione di innesco».
Per Roma poteva accadere lo stesso con le Olimpiadi del 2024?
«Se fossi capo del governo direi quello che dice Renzi: è un errore rinunciare».
E se fosse la Raggi?
«Le Olimpiadi sono una perdita secca per tutte le città. Non è facile pensare che Roma, nelle condizioni in cui è, sia in grado di reggere all'impatto delle Olimpiadi. Mi sembra prudente, da parte della signora Raggi, dire di no».
Il momento magico di Milano può essere un modello per le altre città metropolitane?
«Perché guardare entro i confini nazionali? Nel mondo il modello più interessante è quello delle charter city».
Charter?
«Sono città con una propria carta, una propria autonomia normativa e gestionale. Accade in California, dove Los Angeles, San Francisco, Paolo Alto e tante altre hanno autonome formule di autogoverno. Accade anche in Cina, per le città charter come Honk Kong e Macau, e soprattutto a Singapore. Ma, attenzione: autonomia nella forma di gestione non vuol dire distanza o contrapposizione alla capitale. Anzi: il segreto del successo di Milano è tutto lì».
Il colore di un'amministrazione locale non dovrebbe condizionare le scelte del governo.
«Non è un problema di colore. In passato, con Berlusconi capo del governo e la Moratti sindaco di Milano, che erano dello stesso schieramento, l'intesa mancava perché Berlusconi non la sopportava. Il sindaco Sala è in perfetta sintonia con Renzi. È una persona che sa scegliere con la propria testa e che ha ben chiaro il concetto dell'importanza del fattore tempo. Questo è molto apprezzato dal premier ed ecco perché oggi Milano è vicinissima a Roma e così si possono realizzare i progetti».
Così come oggi Roma è distante da Roma.
«Paradossalmente. Però la capitale è guidata da un partito che, piaccia o no, ha la maggioranza potenziale del Paese e segue una linea sempre più diffusa in Europa. Pensiamo alla Brexit o alle difficoltà in Germania della Merkel, la quale, secondo me, alle elezioni federali del 2017 non si ricandiderà».
Quindi lei vede i Cinquestelle come forza di governo?
«A Torino il M5S funziona. A Roma molto meno, ma non è tutta colpa loro. In fondo sia loro sia Renzi sono sostenuti da gente che non ne può più di certa politica. Però è facile azzerare il passato ma è difficile creare una classe dirigente. La Francia, dal punto di vista politico, è in una crisi gravissima, ma la sua classe dirigente non è sparita e ciò consente loro di mantenere un peso internazionale».
Anche Napoli, dal punto di vista politico, sta seguendo una sua strada.
«Non conosco il sindaco de Magistris però non mi nascondo che c'è un problema di risorse. A Milano è possibile la collaborazione tra pubblico e privato perché i privati partecipano alle spese, finanziano le iniziative. A Torino o a Firenze, come si dice, hanno le dita cucite nelle tasche. A Napoli invece c'è proprio un problema di risorse. Il sindaco di Milano ha a disposizione un pianoforte a coda mentre quello di Napoli una pianola. Non è colpa del musicista se il risultato non è lo stesso».
Restando in metafora, Roma che strumento è?
«A Roma non ci sono nemmeno i tasti».
E, in una situazione simile, le sembra coerente con una visione nazionale continuare a concentrare risorse su Milano? La politica non dovrebbe tendere al riequilibrio?
«Renzi ammira molto quel che accade a Milano. E non è un caso se il progetto Industria 4.0 lo ha presentato nella città lombarda. Ma se ha deciso di fondare qui l'Human Technopole ci sono motivi seri: a Milano ci sono una dozzina di università che prima non si parlavano e che finalmente stanno imparando a lavorare in rete. E poi Milano ha una credibilità internazionale che altrove manca. È esaltata all'estero anche più dei suoi meriti. Roma, nel percepito generale, è ormai considerata il disastro che in effetti è. Napoli, da questo punto di vista, ha un vantaggio: resta nell'immagine mondiale un sogno, il posto dove si vorrebbe vivere».
Intanto però sempre più persone si spostano da Sud al Nord.
«I ragazzi meridionali fanno di tutto per trasferirsi al Nord? Bene, sappiano che quelli di Milano fanno di tutto per trasferirsi a Londra. È così ovunque. E non lo dico per sminuire Napoli, che non è certo la Siberia, ha una storia straordinaria e la popolazione ha una creatività che va sviluppata. Lo dico perché è così ovunque. Anche a Firenze è lo stesso».
Quindi non crede a un modello d'Italia policentrico.
«L'Italia non lo è. Il policentrismo sarebbe una forma di organizzazione. Invece non è policentrica neppure Milano. Quel che a voi sembra Milano-centrico in realtà è Naviglio-centrico. La Bicocca solo adesso comincia a entrare in vena. Figurarsi se l'Italia è policentrica, sarebbe bellissimo. Ma in questo paese, senza una vera classe dirigente, ognuno fa per sé».