Pd, la minoranza all'attacco di Renzi: cambiare rotta

Pd, la minoranza all'attacco di Renzi: cambiare rotta
Lunedì 20 Giugno 2016, 13:29 - Ultimo agg. 19:40
5 Minuti di Lettura

La minoranza Pd va all'attacco del premier e segretario Matteo Renzi dopo le sconfitte di Roma e Torino ai ballottaggi.

«Il risultato è frastagliato, come ha detto il comunicato ufficiale del Pd, ma la sconfitta è stata severa e merita risposte chiare», scrive Gianni Cuperlo su Facebook. «Parto dalle notazioni che non mi convincono. Non mi convince l'idea che si perde perché non si è spinta la rottamazione fino in fondo. Non mi convince l'idea che si vince solamente con volti "giovani e belli" e che la battaglia politica possa ridursi a un fattore biografico o estetico», argomenta l'esponente della sinistra Pd. «Non mi convince - aggiunge riferendosi ad altri esponenti della minoranza Pd come Roberto Speranza - la sicurezza che porta alcuni a chiedere come primo atto la distinzione tra la carica di segretario e quella di premier. E non mi convince perché penso che quando perdi centinaia di migliaia di voti il punto non è solo e tanto chi siede sulla poltrona di segretario ma quale linea politica esprime».
 

 


«Poi - aggiunge Cuperlo - ci sono alcune prime osservazioni che mi sembra giusto fare. In positivo. Penso serva una correzione seria della rotta che per me significa una svolta culturale, politica, dell'identità di un centrosinistra di governo. A Milano abbiamo vinto (con fatica, ma abbiamo vinto) perché in quella città attorno alle primarie e alla candidatura di Sala si è aggregata la sinistra, dentro e fuori il Pd». Inoltre, osserva Cuperlo, «i ballottaggi hanno dimostrato che nel confronto tra noi e i 5stelle si determina una confluenza degli elettori della destra sui candidati grillini. Pensare che questo segnale non abbia una ricaduta potenzialmente drammatica su un eventuale ballottaggio nel voto politico rischia di essere una illusione ottica. Cambiare la legge elettorale è la condizione per garantire una maggiore stabilità al nostro sistema e un equilibrio che a oggi non c'è tra il principio della governabilità e quello della rappresentanza».

«È giusto avere convocato la direzione del Pd per i prossimi giorni. Mi auguro che si affronti una discussione pacata nei toni ma seria nel merito. Qui nessuno può rivendicare quella frase abbastanza odiosa "lo avevo detto". Qui si tratta di rimboccarsi le maniche e di mettere in sicurezza il principale partito della Sinistra e le prospettive di un governo progressista per il futuro dell'Italia», conclude.

«I numeri dei ballottaggi sono come pietre: sono difficili da minimizzare. È un risultato oggettivamente non buono per il Pd, che dà un segnale politico chiaro al governo, a Renzi e all'azione che il Pd sta portando avanti. È un problema serio: il voto non credo possa essere banalizzato», dice Roberto Speranza, deputato che guida l'area di minoranza Pd Sinistra riformista, a Corriere Live. «C'è una difficoltà profonda: un pezzo della società trova una contraddizione tra il racconto del Pd e la vita quotidiana».

«Il risultato amministrativo impone al Pd di cambiare. I segnali erano tutti in campo già prima: partito inesistente in quasi tutti i territori, assenza di veri luoghi di confronto e un profilo indistinto di riferimenti sociali incapace di comprendere e rappresentare le domande del bisogno e quelle della solitudine sociale. La logica del cercare
sempre un nemico da combattere ha finito per isolare socialmente e politicamente il Pd e favorire una coalizione di fatto senza omogeneità, capace solo di premiare gli altri», afferma l'ex segretario Pd Guglielmo Epifani. «La Direzione di venerdì - dice - dovrà discutere di questo: per il bene del paese e del Pd sarà il caso di non trovare semplificazioni o scorciatoie. Di fronte a problemi seri occorre dare risposte serie che si costruiscono provando a rispondere a quello che il Paese dice e ridando la parola agli iscritti. Ripartire dal basso perché quello che c'è da cambiare va fatto con chi si impegna ogni giorno nei territori, con i tanti che abbiamo perso e che dobbiamo convincere con i fatti che il Pd è anche la loro comunità».

«Il Pd non tiene gli insediamenti storici, non intercetta il voto dei giovani e questo gli si ritorce esplicitamente contro; non a caso, sia pure a fatica, il Pd va meglio quando presenta alleanze sociali, civiche e politiche più ampie, quando cerca di includere, quando ha l'umiltà dell'ascolto e del confronto», prosegue Epifani. «Poi pesano anche alcune politiche sbagliate: paghiamo molto la questione scuola, le incertezze e imprudenze in tema di pensioni, il fatto che malgrado gli sforzi gli investimenti pubblici siano al palo e che, anche per questo, la ripresa è troppo modesta anche nel raffronto con gli altri paesi europei lasciando la crescita dell'occupazione a ritmi troppo modesti per dare risposta ai giovani», sottolinea. «Naturalmente - conclude - poi ci sono gli avversari, il quadro europeo incerto a pochi giorni dal referendum inglese, le caratteristiche di un voto amministrativo spesso dipendente da troppi fattori locali. Ma quando vieni doppiato a Roma, perdi a Torino dopo 20 anni di buon governo, non vai al ballottaggio a Napoli, perdi Trieste, Novara, Pordenone, Grosseto, Brindisi, Olbia, Carbonia, Crotone, Villacidro, Savona, certo non possono bastare i risultati positivi di Varese, Caserta e Latina per riequilibrare».

«Per il PD è una brutta botta. A Milano e a Bologna si vince. Ma la sconfitta di Torino, il disastro di Roma e la catastrofe di Napoli sono pesanti e danno al voto un segno negativo e preoccupante. Sono dunque indispensabili una riflessione di fondo e un serio cambiamento del modo di essere del partito democratico». Lo scrive Antonio Bassolino su Facebook.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA