Pd tra sospetti e veleni:
cresce la fronda degli ex Popolari

Pd tra sospetti e veleni: cresce la fronda degli ex Popolari
di Emilio Pucci
Venerdì 9 Dicembre 2016, 08:59
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Lo snodo della crisi non solo politica ma anche interna al Pd potrebbe arrivare dall’appoggio incondizionato di Orlando a Renzi. Il ministro della Giustizia due giorni fa ha visto i suoi, con Orfini si è trovato d’accordo che non c’è alcuno spazio né motivo per provare a fare sgambetti al premier dimissionario. Certo, il Guardasigilli potrebbe puntare al ruolo di segretario dem al congresso, ma in questa fase ha promesso che garantirà i numeri dei “Giovani turchi” sulla linea dura. Ovvero «o fase di responsabilità con tutti i partiti o sarà necessario andare alle elezioni». Ragionamento che anche il vicesegretario Guerini ripeterà. L’intesa siglata mercoledì sera è decisiva per la geografia del partito democratico: i numeri dei “Giovani turchi” sommati a quelli dei renziani coprono più del 60% della direzione. E se la settimana prossima si dovesse votare su un documento i franceschiniani si troverebbero in minoranza. «A quel punto se Franceschini vorrà forzare – argomenta un fedelissimo di Renzi – dovrà rompere i gruppi parlamentari e non tutti nelle sue truppe sono disponibili a seguirlo». 

È una guerra di nervi quella che si gioca tra i dem. Tra un clima di sospetti e di reciproche accuse sotto traccia. I renziani puntano il dito sul ministro della Cultura che – questa la critica – prima ancora del Capo dello Stato si è opposto alle urne subito. Critica che viene respinta al mittente. Franceschini ieri ha chiamato molti deputati e senatori per sfogarsi contro quanti lo dipingono come qualcuno che trama alle spalle di Renzi. «C’è chi mi tratta come un congiurato. Così si fa male al partito, non sono io il nemico...», ha spiegato al telefono. «Abbiamo solo cercato di far capire a Renzi che occorre armonizzare le due leggi elettorali alla Camera e al Senato prima di andare a votare, la verità è che vogliono distruggere l’unico punto di equilibrio del partito», argomenta un “big dem” di palazzo Madama vicino alle posizioni di Franceschini che nel frattempo continua a ritenere necessario un tavolo sulla legge elettorale. 

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