Scissione nel Pd: è stallo
Renzi sente i candidati minoranza

Scissione nel Pd: è stallo Renzi sente i candidati minoranza
Venerdì 17 Febbraio 2017, 21:23 - Ultimo agg. 18 Febbraio, 08:39
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Davanti al baratro, il Pd si ferma per provare a non precipitare nella scissione. E agli appelli, ai tentativi di mediazione, si aggiungono i contatti di Matteo Renzi, che sente i tre esponenti della minoranza Dem candidati al congresso: Enrico Rossi, Michele Emiliano e Roberto Speranza. Ci sono ancora quarantotto ore prima dell'assemblea che dovrà convocare il congresso: si tenta fino all'ultimo di ricucire. Ma tra i renziani c'è chi è convinto che una parte della minoranza abbia già rotto. E di certo non aiuta il fuorionda di una chiacchierata del ministro Graziano Delrio con il collega Michele Meta: «Con Renzi si è litigato di brutto. Non ha fatto nemmeno una telefonata. Poi ci sono anche dentro i renziani che» valutano positivo se «diminuiscono i posti da distribuire».

Renzi è a colazione a casa di Delrio quando sui siti rimbalza il fuori onda. L'audio risale a un convegno del pomeriggio precedente. Il segretario guarda il video assieme a Delrio, c'è un momento d'imbarazzo e il chiarimento all'interno di un rapporto che - assicurano fonti vicine ai due - è da sempre «fraterno». Anche perché, raccontano, il ministro ha sempre detto a Renzi quel che pensa. E giovedì sera - in un colloquio avvenuto dopo il convegno - insieme hanno deciso che valesse la pena per Renzi fare un ultimo tentativo per evitare la scissione, con un'intervista-appello sul Corriere della sera. Il segretario, raccontano i renziani, tesse la sua tela per l'unità: giovedì, riferiscono, ha sentito Enrico Rossi e Andrea Orlando, oggi ha parlato per un'ora con Michele Emiliano e domani sentirà al telefono il terzo candidato alla segreteria della minoranza Dem, Roberto Speranza. Perché, sottolineano uomini vicini al segretario, il congresso non è un puntiglio di Renzi ma compie un momento fondamentale nella vita del Partito democratico, che non è né di Renzi né di Bersani.

A Emiliano l'ex premier - riferiscono fonti a lui vicine - ricorda che è stato lui a lanciare una petizione e una raccolta firme per il congresso subito: perché ha cambiato idea? È vero, replica il presidente pugliese, ma il tentativo era frenare la corsa alle urne ad aprile. La 'finestra' di giugno è saltata, lo rassicura Renzi, Gentiloni può andare avanti fino al 2018. Ma i due continuano a non essere d'accordo sui tempi del congresso: «prima delle amministrative», dice il segretario, «in autunno, a fine settembre o ottobre», replica il governatore. E aggiunge un impegno: se il Pd dovesse perdere le comunali, la minoranza non proverà ad affossare il segretario addossandogli la colpa. Renzi ascolta e prende nota, ma a sera, quando da Firenze sente al telefono chi gli è vicino, non sembra aver cambiato idea.

A margine del Consiglio dei ministri intanto va in scena un inedito 'conclave' di ministri Dem, rappresentativi di tutte le aree della maggioranza, che si interrogano su come uscire dall'impasse: ci sono Dario Franceschini (propone una mediazione su confronto programmatico e primarie il 7 maggio, esclusione di elezioni a giugno), Andrea Orlando (spinge per una frenata sulle primarie e una conferenza programmatica), Maurizio Martina, Luca Lotti, Graziano Delrio, Roberta Pinotti, Claudio De Vincenti, Marco Minniti. Concordano tutti che la scissione sarebbe una tragedia, i toni sono assai preoccupati: le conseguenze sul governo di una rottura del Pd sono incalcolabili. Per qualche minuto con i ministri si fermano anche Maria Elena Boschi e Paolo Gentiloni. Ma per ora il premier si tiene fuori dalla discussione interna al partito: domenica sarà in assemblea, ma parlerà solo se indispensabile.

La via è davvero stretta ma il tentativo in corso è recuperare il recuperabile. Nella maggioranza Pd si fa largo l'idea che si debba aprire alla possibilità di un congresso da avviare a maggio o giugno e concludere con le primarie a ottobre. Ma i 'pasdaran' renziani sono convinti che oltre maggio non si possa andare. E, se lo strappo di Pier Luigi Bersani e i suoi viene ritenuto ormai inevitabile, la persuasione è che si possa convincere Gianni Cuperlo, Enrico Rossi e Michele Emiliano a non rompere e sfidare Renzi nel congresso interno in primavera. Come garanzia, gli si proporrebbe una conferenza programmatica da tenere prima delle primarie e parole chiare sull'esclusione del voto a giugno.

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