Il week end è salvo, il patto del Nazareno sopravviverà e il Parlamento ha lunga vita davanti a sé. Alle 13,33, quando la presidente della Camera Laura Boldrini annuncia in aula che l'Italia ha un nuovo capo dello Stato - Sergio Mattarella, classe 1941, siciliano, democristiano, uomo riservato e integerrimo, così lo descrivono tutti -, i grandi elettori si lasciano andare a un applauso che ha molto di liberatorio. Non solo perché il neopresidente della Repubblica è stato eletto al quarto scrutinio, e quindi entro la mattinata di sabato - cosa molto apprezzata dai parlamentari in trasferta -, ma anche perché ha addirittura sfiorato la maggioranza dei 2/3 dei consensi (673), richiesta per le prime tre votazioni. In 665 su 1009 ieri mattina hanno scritto il nome di Mattarella sulla scheda, ben più di quei 505 necessari per superare l'ostacolo dal quarto tentativo in poi. Miracolo di quelle trattative, riunioni, telefonate e quant'altro che hanno tenuto sveglia la politica in questi tre giorni di fine gennaio.
Ma tanto basta perché il 2013 diventi un ricordo sbiadito, non solo per il Pd e i suoi 101 franchi tiratori anti-Prodi, ma anche per questo stesso Parlamento che si mostrò allora incapace di uscire dall'impasse.
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