La violenza avvelena il voto italiano. Raid e social: strategia della tensione 2.0

La violenza avvelena il voto italiano. Raid e social: strategia della tensione 2.0
di Pietro Treccagnoli
Giovedì 22 Febbraio 2018, 09:23 - Ultimo agg. 23 Febbraio, 10:19
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Strategia della tensione, anni di piombo, opposti estremismi, fascismo e antifascismo, spranghe, coltelli, svastiche, saluti romani sdoganati e falcemartello. Manca solo il telegiornale in bianco e nero e si può sprofondare nei plumbei anni Settanta. Ma niente ritorna, ammonisce la Storia e pure la Cronaca. E non vale nemmeno la battuta di Karl Marx da Treviri, perché la storia seppure possa ripetersi non è detto che trasformi la tragedia in farsa.

Le randellate e le coltellate non fanno ridere. Mettere in fila solo gli episodi delle ultime ore, tra ieri e ieri l'altro, tra Perugia e Palermo, passando per Roma (e pure per Caserta), diventa un catalogo di aggressioni che rievocano un passato che non passa, aggiornato ai tempi dei social e della globalizzazione. Terzo millennio con neofascisti che non hanno perso il vizio dello squadrismo, sebbene si presentino con giacca e cravatta e giovani compagni che rispolverano i katanga dei padri o dei fratelli maggiori e si mescolano nell'area antagonista, provando a diventarne l'avanguardia, le mosche cocchiere, approfittando della zona grigia di troppi centri sociali. Fenomeni marginali? Certo. Ma l'Europa insegna che possono aspirare a diventare sentimento comune con ambizioni maggioritarie. È sufficiente osservare la Grecia, l'Austria, ma pure la Francia, i Paesi scandinavi e la Germania con i sussulti dei movimenti antiturchi.

In Italia lo scenario ha peculiarità proprie, nostrane, oscillanti tra nostalgia, esibizionismo e scorciatoie fallimentari. A Palermo, Massimo Ursino, il segretario locale di Forza Nuova è stato aggredito per strada da un gruppo di estrema sinistra che ha anche rivendicato con un delirante comunicato.

La scena è stata ripresa, a mo' di feticcio virale, da uno smartphone. Nella serata di ieri sono scattati il fermo di due militanti dei centri sociali e altre quattro denunce. A Perugia un aderente a Potere al Popolo è stato accoltellato mentre attaccava dei manifesti elettorali. Sotto accusa Casapound che però replica che le vittime sono tra le proprie file. A Roma, l'altra sera, un gruppo di militanti di Forza Nuova ha fatto irruzione negli studi di La7 dove era in corso «Dimartedì», il talk show condotto da Giovanni Floris. «Volevamo interagire con il programma» hanno spiegato perché non ci stanno ad essere additati come pericolosi. Floris è intervenuto, ha parlato con loro e poi ha fatto accompagnare il gruppo all'uscita. Nessuna violenza, ma come ha spiegato il giornalista, non è stato nemmeno possibile consentire una presenza in video dei militanti perché contravviene alla policy della trasmissione che prevede solo ospiti invitati. Ma tra una parola e l'altra a qualcuno è scappata comunque un'espressione quantomeno minacciosa: «Stasera potevamo essere altrove a cercare qualcuno».

Sempre a Roma, ieri mattina, la base della lapide che a via Fani ricorda la strage della scorta di Aldo Moro (e tra meno un mese ne ricorrono i quarant'anni) è stata vandalizzata con una scritta nera «A morte le guardie» e alcune svastiche. Gli abitanti della zona, in attesa che vengano cancellate le scandalose parole, hanno coperto tutto con lenzuola e mattoni.

Due giorni caldi, che seguono settimane (ma pure mesi) di scontri nei quali si inserisce la violenza contro gli immigrati. Perché fascismo fa rima con razzismo, almeno nella versione dell'era delle grandi migrazioni. Così, ieri sera a Caserta, un corteo di migranti (non si capisce quanto spontaneo) è andato a contestare un comizio del leader della Lega, Matteo Salvini, gridando: «Siamo tutti antirazzisti». La presenza del capo padano resta sempre un forte catalizzatore di tensioni. Non se le va a cercare sempre, ma quando ci sono ne approfitta per guadagnare punti in visibilità.

Gli stranieri restano uno dei bersagli preferiti della destra radicale, pronta a mettere sul tavolo l'asso razzista che ha fatto la fortuna dell'Alba Dorata ellenica. Lo scorso 4 febbraio, ad esempio, a Pavia sono stati aggrediti ragazzini figli di immigrati marocchini. Erano cinque, li hanno accerchiati in venticinque. In questa cornice va inquadrata la clamorosa tentata strage a Macerata, il giorno prima, per mano del nazi-fascista Luca Traini (ex-candidato della Lega) che sparando a caso e ferendo dei bersagli scelti solo per il colore della pelle intendeva vendicare la terribile morte della diciottenne Pamela fatta a pezzi da un gruppo di africani. A Teramo, il 29 gennaio, sui muri del centro di accoglienza gestito dall'associazione Salam vengono disegnate svastiche e scritte minacce: «Gas per i negri, distruggeremo le vostre vite».

 

Le ultime settimane sono state di fuoco. Andando a ritroso, sabato scorso a Napoli, nella zona della Ferrovia, tra piazza Garibaldi e corso Arnaldo Lucci, si sono vissuti cinque minuti di scontri, con cariche della polizia, botti e tanto fumo: da una parte studenti e aderenti storici dei centri sociali dall'altra le forze dell'ordine, messa a scudo della manifestazione di Casapound in un albergo di via Galileo Ferraris, alla quale partecipava Simone Di Stefano, il capo politico candidato al Parlamento. Qualche ferito lieve e una ventina di fermati, denunciati e rilasciati. Il giorno prima, venerdì passato, a Bologna tra alcuni esponenti del collettivo Hobo e la polizia si sono scatenati tafferugli per il comizio di Roberto Fiore, il capo di Forza Nuova che parlava nella centrale piazza Galvani. Una settimana prima a Piacenza corteo antifascista contro l'apertura di una sede di Casapound e, a Torino, scontri per contestare una manifestazione di Forza Nuova che ricordava le foibe. Alla fine di gennaio, ancora a Torino alcuni liceali sono aggrediti da militanti di Blocco Studentesco, emanazione di Casapound. Il giorno dopo, a Napoli, nella sede di Forza Nuova, a Chiaia, era stato festeggiato il compleanno di un candidato con una torta sulla quale era disegnata una svastica. Siamo alla parodia cialtrona, ma tutto fa massa critica.
Si potrebbe andare ancora molto più indietro. Le tinte fosche si addenserebbero ancora di più. I due schieramenti pescano nello stesso fiume dove scorrono le acque torbide della globalizzazione con i suoi frutti avvelenati. Usano spesso gli stessi strumenti per attrarre consenso, anche se le motivazioni sono profondamente diverse. Diffuso e insistente nel sociale per contrastare vecchie e nuove povertà, occupazione di edifici sfitti, richiesta di sussidi, siano essi mutuo sociale o reddito di cittadinanza. «È un fenomeno che riguarda tutte le democrazie europee» ha spiegato lo storico Piero Craveri. «In Italia, una campagna elettorale vuota di temi reali e persino di idee permette che lo spazio della discussione politica sia occupata da queste estreme minoranze che s'infilano negli spazi che trovano liberi e provano ad acquisire un ruolo». La critica è particolare alla sinistra democratica e viene formulata con una domanda: «Può esserci una politica di sinistra che non sollevi anche una speranza di cambiamento?». Quando non s'intravede le conseguenze rischiano di essere inevitabili: «In questo modo gli estremismi, che sono una riduzione all'irrazionale di una piattaforma razionale, trovano consensi». Saranno pure minoranze, e tali restano probabilmente resteranno, ma non vanno sottovalutate.
C'è un'insofferenza diffusa verso il politicamente corretto, ridotto a cappa catechistica, a galateo freddo di buone maniere e nuove ipocrisie. E i social aprano autostrade a movimenti di nicchia che si ritrovano tra le mano un canale di espressione capace di moltiplicare in modo esponenziale il pubblico e le possibilità di facile indottrinamento. Marco Tarchi, storico della destra e, recentemente dei populismi (fenomeni molto diversi tra loro) ha messo in guardia da tempo sul ricorso alla violenza fisica. «Estrema destra ed estrema sinistra hanno un fisiologico bisogno di costruirsi e coltivare un nemico principale contro il quale dirigere la propria ostilità» ha commentato. «Entrambe hanno altri obiettivi polemici, ed anzi spesso, per cercare di rimediare alla sensazione di inferiorità psicologica in cui vive, l'estrema destra proclama di non riconoscersi più nella dialettica oppositiva sinistra-destra, ma sul piano della violenza questo resta il terreno principale di scontro». Altri bersagli della destra estrema sono ovviamente gli immigrati, i grandi capitalisti, i burocrati di Bruxelles, tutto infarcito della retorica del guerriero. Quest'ultimo, ridotto a figura esemplare, fa «da spartiacque nei confronti dei populisti, che esaltano invece il pacifico uomo qualunque, vessato dai potenti e minacciato dagli estranei».
Da qui a dire che l'estremismo che, almeno a sinistra e secondo il vecchio Lenin, resta una malattia infantile del comunismo, sia uno spettro che si aggiri per l'Italia ce ne corre. Gli anni devastanti del terrorismo sono fissi nella memoria e restano un monito. Ma spesso queste fughe all'indietro spostano in avanti l'ordine del discorso, costringendo a rimettere in agenda pagine ingiallite e a tenere ferma la barra contro ogni degenerazione violenta.
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