«Tutto ok tra Renzi-Hollande-Merkel». Si è ricomposto lo scontro sul credito

«Tutto ok tra Renzi-Hollande-Merkel». Si è ricomposto lo scontro sul credito
di Marco Conti
Venerdì 1 Luglio 2016, 08:36
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«Entro il 2016 risolverò il problema delle banche». La promessa di Matteo Renzi risale a qualche mese fa ma ieri l'altro a Bruxelles, al termine del Consiglio europeo, ha ribadito l'impegno. Non ha molta voglia però il premier di affrontare pubblicamente la questione e lo si è compreso dalla smorfia fatta quando a Berlino è stato chiamato a rispondere sull'argomento al termine del vertice a tre con Angela Merkel e Francois Hollande. Tanto più se poi la trattativa aperta con la Commissione europea su possibili interventi di Stato viene interpretata come motivo di tensione tra Italia e Germania. «Il trio formato da Merkel, Hollande e Renzi funziona molto bene, direi benissimo, insieme stanno lavorando per rispondere alla Brexit», hanno fatto sapere ieri dall'Eliseo proprio per mettere a tacere ulteriori polemiche.

 

Lo scontro in realtà non c'è mai stato. E' stato costruito contrapponendo il «no» della Merkel alla domanda su possibili cambiamenti delle regole sulle banche che l'Unione si è data nel 2013, a richieste di modifiche di quelle norme che in realtà né Renzi, né il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, hanno mai avanzato. Ed infatti allo stesso Renzi è stato facile replicare sostenendo che l'Italia rispetta le regole e che semmai se c'è qualcuno che lo ha fatto sono state nel 2003 la Germania e la Francia.

LA TRATTATIVA
Ciò non toglie che una trattativa è in corso e l'obiettivo - a regole vigenti - è di mettere definitivamente al sicuro il sistema bancario italiano che, sostiene Renzi, «per colpa dei governi Berlusconi, Monti e Letta», non ha avuto gli aiuti di stato quando era ancora possibile intervenire con capitale pubblico. Non si tratta per Renzi di difendere la lobby del banchieri - «io appartengo solo alla lobby dei boyscout», ha ironizzato - ma di tranquillizzare i risparmiatori.

L'incertezza sui mercati legati al referendum inglese spinge il governo a mettere in sicurezza il sistema che rischia di mostrare la sua fragilità anche perchè i mercati e la stessa Europa sono ostaggi dei tempi di Londra e dei funanbulismi della politica inglese.

Sia a Berlino che a Bruxelles Renzi ha affrontato la questione con Hollande, la Merkel e Juncker. L'obiettivo è quello di individuare una strada che permetta di mettere in pista uno strumento in grado di prestare agli istituti circa 40 miliardi di euro che poi tornerebbero nel bilancio pubblico grazie al maggior valore che le azioni delle banche risanate dovrebbero avere.

Malgrado le resistenze di chi sostiene si tratti comunque di aiuto di Stato, palazzo Chigi non molla la presa anche se, a differenza di quanto accaduto in altre occasioni, preferisce muoversi in maniera soft tenendo riservata la trattativa nella quale ha al suo fianco il presidente della Commissione Jean Claude Juncker preoccupato che l'Italia, e di conseguenza il suo premier, possano diventare vittime della speculazione.

La notizia, rimbalzata dal Wall Street Journal sul via libera dato dalla Ue ad una garanzia pubblica da 150 miliardi sui depositi italiani sino a fine anno non fa piacere a palazzo Chigi che la inquadra nella guerra di nervi in corso. Non solo perché, al di là della euforia in Borsa, rischia di offrire del sistema bancario italiano un'immagine di fragilità, ma anche perché l'Italia non la reputa sufficiente a risolvere il problema della solidità del sistema bancario.

I tempi lunghi di uscita del Regno Unito dall'Unione non giovano a nessuno dei Ventisette, tantomeno all'Italia e cresce il timore che a Londra cresca il partito di chi si dichiarano pronti a vendere cara la pelle prima di uscire dal mercato unico. L'Italia rischia di rappresentare l'anello debole ma anche più consistente da colpire. Uno scenario che Berlino e Francoforte non possono permettersi e che spinge palazzo Chigi ad un seppur cauto ottimismo. Si lavora, sempre in silenzio.