Renzi vince le primarie Pd, il discorso: «Nuovo inizio, non rivincite» | Video

Renzi vince le primarie Pd, il discorso: «Nuovo inizio, non rivincite» | Video
Domenica 30 Aprile 2017, 22:50 - Ultimo agg. 23:36
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«Grazie a tutti gli uomini che hanno permesso questa straordinaria festa della democrazia», ha esordito Renzi nel suo primo discorso dopo la vittotria delle primarie Pd. «Il secondo grazie - prosegue - è per Orlando e Emiliano a cui va il nostro abbraccio affettuoso. Terremo conto della loro battaglia».

Renzi accenna ai «temi posti da Emiliano, primo fra tutti quello del Sud. Al valore dell'unire, non solo il partito ma anche il Paese». «E poi - dice - grazie a tutte le donne e gli uomini della mozione che ha vinto questo congresso». L'ex premier ringrazia Gentiloni e poi tutti quelli che fanno parte della sua squadra. 

«Questo non è un partito personale - continua -. Quando due milioni di persone vanno a votare, quando ci sono 6.000 circoli che vengono aperti... come si fa a dire che è il partito di uno solo, di un leader forte. Lo dirà il tempo se il leader è forte. Questo partito è una comunità meravigliosa. E' il rapporto col popolo che segna la diversità del Pd. L'alternativa al populismo non è il salotto ma è il popolo, il non aver paura della democrazia, di fare le primarie, di confrontarsi». 

Poi Renzi pone l'accento su due perole: umiltà e resposabilità. «Noi vogliamo cambiare l'Europa e lo dicamo con umiltà e responsabilità. Non ne possiamo più di un'Europa che non incrocia i desiderei più profondi di chi crede nell'ideale europeo. Non siamo contro l'europa ma per un'Europa diversa. Le primarie hanno chiuso un percorso fatto di tanti litigi, abbiamo discusso più delle cose che ci dividevano che delle persone che ci stanno intorno e ci sostengono. Abbiamo bisogno di dire che ha vinto tutto il Pd ma soprattutto quello che non si è vergognato di ciò che ha fatto in questi anni». 

«Il Congresso segna l'inzio di una pagina nuova, non è una rivincita. E' un'altra partita che dobbiamo vincere partendo dal presupposto che in questi anni non siamo stati in grado fino in fondo di portare la gente dalla nostra parte, dal basso. E me ne assumo la colpa. Il risultato delle primarie ci dice che dobbiamo ripartire da lì, andare casa per casa a dire che torneremo a discutere con la gente. Dobbiamo fare una grabnde coauilziione con quei cittadini, volontari, con l'associazionismo, con le donne e gli uomini che ci vengono a dre una mano. Non con dei presunti partiti. Sono quattro anni quelli che ci attendono. 

Poi una considerazione personale: «Io non ho mollato grazie a voi. In questi mesi ogni giorno ce n'era una: uno scandalo, vero o falso che fosse, una polemica, un litigio. Quello che mi ha fatto proseguire è la convizione che siamo una grande comunità non fine a se stessa: abbiamo la responsabilità di restituire all'Italia il diritto al futuro. Il punto è cosa faremo insieme. Noi vogliamo bene all'Italia, noi cambieremo l'Italia, noi ripartiremo: avanti insieme».



La legge elettorale, per «sbloccare» il sistema istituzionale e mettere in grado l'Italia di andare a votare in qualsiasi momento. E un focus sui dossier economici a partire da Alitalia, per dare il segno di un partito che non lascia da soli i lavoratori. Intende ripartire da qui, Matteo Renzi, al suo ritorno da segretario al Nazareno. Dopo aver esorcizzato lo spettro di un flop ai gazebo, forte di una investitura che è ben inferiore a quella del 2013 ma - notano i suoi - non era scontata dopo la scissione, vuol dare subito il segno di una ripartenza «sprint». E archiviare i mesi di stand by dopo la sconfitta referendaria, quando - racconta nei minuti di attesa dei risultati - aveva accarezzato l'idea di lasciare.

Il quadro istituzionale, non si stanca di ripetere l'ex premier, è ora ripiombato in una «pantano», un salto indietro alla prima Repubblica. «La politica stagna in una palude di imbarazzanti ritardi, a cominciare dalla melina sulla legge elettorale», afferma Renzi, che quella melina proverà a sbloccare. La sua convinzione è che non si possano far scorrere i prossimi mesi nell'inattività. Piuttosto che rischiare di farsi logorare, facendosi tra l'altro carico della difficile manovra di ottobre, sarebbe forse meglio per il Pd - osservano i renziani, che la tentazione non l'hanno mai accantonata - andare alle urne in autunno. Magari, aggiungono, nelle stesse settimane della Germania, a fine settembre o inizio ottobre.

Ma occorre innanzitutto una legge elettorale. E fin dai prossimi giorni il leader Dem dovrebbe andare a vedere le carte dei cinquestelle, che hanno lanciato al Pd l'amo di un accordo su un sistema che abbassi la soglia che il partito più votato deve raggiungere per avere il premio di maggioranza (e quindi il governo). Ma del M5S i Dem non si fidano e quindi il segretario potrebbe decidere di rilanciare piuttosto con una sua proposta a tutti i partiti, senza capilista bloccati e con un meccanismo di tipo maggioritario che assicuri la governabilità.

Di legge elettorale Renzi potrebbe parlare davanti all'assemblea nazionale del partito che, domenica 7 maggio, incoronerà il segretario. In quella sede svelerà anche le sue strategie per il Nazareno, dalla nuova segreteria che dovrebbe avere una gestione più collegiale (unica certezza: Maurizio Martina vicesegretario), alla scelta di contendere ai cinquestelle il «terreno» del Web. A giorni dovrebbe essere operativa «Bob», la nuova piattaforma per la partecipazione degli iscritti. E sarà rafforzata la comunicazione sui social network.

Agli avversari interni il segretario rieletto chiederà innanzitutto «lealtà»: non sparare ogni giorno su quella che l'ormai «ex» Bersani chiamava la Ditta, non attardarsi in litigi e contese ma stare sulle «cose concrete». Quanto al nodo delle alleanze, Renzi guarda con interesse a Giuliano Pisapia, mentre dice «no» agli ex alla Massimo D'Alema che «puntano a logorare il Pd». Ad ogni modo, tutto dipenderà proprio dal sistema di voto: i Dem vogliono il maggioritario ma se resterà il proporzionale le alleanze si faranno in Parlamento e allora non si può escludere nemmeno nuove larghe intese con Berlusconi. Nelle prossime settimane, intanto, l'ex premier vuol fare sentire l'attenzione del Pd sui dossier economici, a partire da Alitalia (una proposta è attesa entro il 15 maggio).

E poi c'è il lavoro in vista della manovra, sulla quale i Dem son pronti a un confronto serrato con i ministri ma soprattutto a dare man forte al governo nella battaglia in Ue per la flessibilità. Renzi, che ha chiuso la campagna congressuale a Bruxelles, ha ventilato il veto sui trattati se si inserirà il fiscal compact e anticipato l'idea di concordare un piano di 5 anni che dia margini all'Italia per abbassare le tasse alle famiglie, a partire da quelle con figli. Fin d'ora il Pd sta studiando un'operazione finanziaria per abbattere il debito.
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