Saltato il patto, il governo guarda all'orizzonte 2018

Saltato il patto, il governo guarda all'orizzonte 2018
di Alberto Gentili
Sabato 10 Giugno 2017, 08:30
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Roma. «Si va avanti, concentriamoci sul nostro lavoro». Cauto, garbato e felpato come al solito, Paolo Gentiloni davanti ai ministri ha dedicato solo queste parole all'eclissi delle elezioni d'autunno. Nessun accenno al naufragio della riforma elettorale. Né, tantomeno, alla (quasi) certezza che il lavoro del governo proseguirà fino alla primavera del 2018.

Eppure, a palazzo Chigi si respira aria nuova. Anzi, si torna a respirare. Di colpo, evaporato il patto a quattro (Renzi-Grillo-Berlusconi-Salvini) su legge elettorale ed elezioni anticipate, l'orizzonte dell'esecutivo torna di medio termine. È rinviato alla prossima primavera il tempo di fare gli scatoloni. «È ormai molto probabile che si andrà avanti per altri 10-11 mesi», dice uno stretto collaboratore di Gentiloni, «perché è estremamente difficile che riparta la trattativa sulla legge elettorale e il Quirinale è stato chiaro: non si farà alcun decreto, se non a ridosso della scadenza naturale della legislatura. Perché sempre Mattarella non vuole mettere a rischio la sessione di bilancio. E, soprattutto, perché abbiamo tante cose da fare». Concetto ribadito dal ministro Anna Finocchiaro: «Si può ancora fare qualcosa di utile e positivo».

L'agenda è fitta. Il governo ieri ha varato il decreto per il reddito di inclusione con cui contrastare la povertà e quello con «disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno». E alla Camera, da qui alla pausa estiva, saranno votati il nuovo processo penale (con la delega sulle intercettazioni), il sistema-parchi, l'istituzione della commissione d'inchiesta sulle banche, la riforma dei vitalizi dei parlamentari, la legge sulla concorrenza. E, forse, la norma per legalizzare la cannabis. Fitto anche il calendario del Senato: la manovrina economica, il nuovo codice antimafia (si cercano le coperture), lo jus soli (il diritto alla cittadinanza per i figli di immigrati nati in Italia), il biotestamento. Destinate a slittare, invece, la legge sulla legittima difesa e quella sul reato di tortura. Spiegazione di una fonte accreditata: «Sotto attacco dei terroristi nessuno vuole legare le mani alle Forze dell'ordine».

Sulla vita e il percorso di ogni provvedimento peseranno però scorie e veleni dello scontro sulla legge elettorale con sbarramento al 5 per cento. Da una parte Matteo Renzi, dall'altra Angelino Alfano e Pier Luigi Bersani. Il leader centrista ieri ha promesso di garantire la stabilità: «Mattarella e Gentiloni sappiano di poter contare su di noi, siamo affidabili e seri». È seguita postilla: «Ma non siamo più alleati del Pd». Più o meno le stesse frasi e promesse di Articolo 1-Mdp. «Certo, hanno una paura folle delle elezioni e cercano in tutti i modi di evitare qualsiasi incidente», dicono al Nazareno, «ma d'ora in poi ad Alfano e a Bersani faremo digerire l'indigeribile. È evidente che se il governo non va avanti, torna la prospettiva del voto in autunno...». «L'unico che vuole ancora le elezioni anticipate è Renzi, ma non può chiedere a Gentiloni di farsi da parte», aggiunge un alto esponente centrista, «così Alfano e Mdp faranno di tutto per evitare qualsiasi incidente che possa portare alla crisi».


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