Trasferte, cene e alberghi
ecco le spese di Di Maio

Trasferte, cene e alberghi ecco le spese di Di Maio
di Francesco Pacifico
Mercoledì 19 Ottobre 2016, 09:40 - Ultimo agg. 09:41
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Dal gruppo dei Cinquestelle della Camera spiegano che «Luigi Di Maio è uno di quelli che restituisce di più». Ed è soltanto casuale il fatto che, sul sito di rendicontazione degli eletti (www.beppegrillo.it/tirendiconto.it/trasparenza), non riporti da maggio né quanto ha devoluto al fondo per le Pmi né le sue spese effettuate con i soldi dell'indennità o della diaria parlamentare. «In questi ultimi mesi», spiegano sempre dal gruppo, «nessuno l'ha fatto: ci sono stati un po' di ritardi, vista anche tutta l'azione che stiamo facendo sul No al referendum costituzionale». Soprattutto i grillini di Montecitorio stanno studiando e spulciando tre anni di attività fuori dal Parlamento del loro compagno. «E in tutto questo periodo Luigi, se va bene, avrà speso sul territorio tra i 50 e 100 euro al giorno. Ma di cosa stiamo parlando?»

Si sta parlando - più nel Movimento stesso che nel resto degli altri partiti, in verità dei 108mila euro spesi da Luigi Di Maio per la sua attività politica da quando è a Roma. Nicola Biondo e Marco Canestrari hanno svelato che Luigi Di Maio ha speso questa cifra da quando è stato eletto 108mila euro per la sua attività politica, autofinanziandosi proprio con lo stipendio da parlamentare.

Come imposto da sempre da Roberto Casaleggio, i deputati grillini devolvono al Fondo di garanzia per il microcredito - le Pmi sono sempre state un suo pallino - la metà dell'indennità, mentre restituiscono tutto quello che non usano dell'indennità. Di Maio si attiene all'imperativo. In media non restituisce meno di 2mila euro, anche se ad aprile erano 600. Ma il nostro si vanta anche di aver rinunciato a tutti i benefit garantiti come vicepresidente della Camera. Senza però dire che anche i suoi colleghi Simone Baldelli, Roberto Giacchetti e Marina Sereni (tra l'altro, con delle apposite delibere) hanno rifiutato l'alloggio e le spese di rappresentanza.

Come gli altri compagni di partito, Di Maio scannerizza anche il bonifico di destinazione dei fondi non spesi (in un primo tempo veniva girato al fondo di ammortamento per gli interessi sui titoli di Stati). Col tempo, grazie anche al fatto che sul sito nel tempo è stata allegata anche una specifica delle spese, si scopre che il nostro ha visto aumentare il costo dell'alloggio (da un minimo di 500 euro a un massimo di 1000, nei mesi in cui c'erano da aggiungere caparre o spese di manutenzione) e le cosiddette spese per l'esercizio del mandato.

Per gli eventi sul territorio è passato, in media, dai 3mila agli oltre 4,5 mila euro. Ed entrando più nello specifico, non lesina sia alla voce manifesti sia alla voce trasporti. «Perché Luigi è uno», dicono sempre dal movimento, «è uno che se va a Bari per un paio di convegni, poi affitta una macchina per andare a una manifestazione a Lecce e magari la sera dorme in albergo a Foggia, perché il giorno dopo è atteso in Molise».

Quando sta a Roma invece, magro com'è, è molto parco sul cibo: soltanto a gennaio si sfiorano i 600 euro. Di solito non si spendono più di 250 euro alla voce vitto, dove spesso la sottovoce spesa supera quella ristoranti. Nessuna specifica invece alla voce consulenze. E la cosa non piace a chi non lo ama nel partito perché, anche se non sono pagati con i soldi dello stipendio, i colleghi non amano il peso sempre crescente della fidanzata, la comunicatrice Silvia Virgulti, e del suo capo delle relazioni esterne, l'ex commissario all'infanzia Unicef Vincenzo Spadafora. La Camera prevede che, nella parte fissa, i deputati guadagnino un'indennità di 5.246,54 euro lorde e garantisce come diaria, «a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma», 3.503,11 euro. Altri 3.700 vanno erogati come «rimborso delle spese per l'esercizio del mandato». I grillini devolvono al Fondo di garanzia per il microcredito la metà dell'indennità, mentre restituiscono tutto quello che dell'indennità non usano. Ma devono rendicontare, proprio sul sito tirendoconto, le spese di questa parte di salaria. In teoria dovrebbero presentare al movimento gli scontrini, in pratica - ammettono sempre dalla Camera - «ci si accontenta di un'autocertificazione di quanto si è speso. Anche perché lo facciamo noi volontariamente, senza che ce lo imponga la legge». Senza contare che, nel loop cyber-orwelliano lanciato dal guru Casaleggio, non c'è spazio per le cifre o per i regali arrivati da terzi.

Di Maio ha replicato dal blog di Beppe Grillo: «Tra lo stipendio da deputato, lo stipendio aggiuntivo da vicepresidente della Camera, i vari rimborsi e spese di rappresentanza, ho restituito ai cittadini italiani in tre anni e mezzo 204.582,62 euro. E sono felice di averlo fatto». Poi, passando alle spese, prima ha ricordato che «avrei avuto diritto a stipendio aggiuntivo da vice presidente, stipendio pieno da deputato (di cui restituisco la metà), spese di rappresentanza, auto blu, telepass gratuito, cellulare di servizio, spese gratuite in tipografia, tutti i rimborsi spese che non uso e non rendiconto. Ma ho rinunciato». Per poi difendersi con un attacco al Pd: «Piuttosto siamo in attesa, ormai da circa 3 anni e mezzo, di una conferenza stampa del Pd che annuncia che i propri parlamentari si ridurranno gli stipendi e rendiconteranno le spese».

Proprio dal partito democratico si è mostrato clemente Roberto Giachetti. Cioè quello appena sconfitto dalla pentastellata Virginia Raggi nella corsa al comune di Roma. Diceva ieri in Transatlantico parlando con dei colleghi: «Ma di cosa stiamo parlando? Questa vicenda è ridicola. Una sciocchezza figlia soltanto del moralismo dei grillini, che vedendo il male ovunque ora si vedono tornare indietro come un boomerang il loro approccio alla politica. Che è sterile, perché con loro la trasparenza è diventata un dogma. La verità? Semplice, i grillini sono cresciuti e hanno capito che la politica, quella fatta seriamente, costa e che la corruzione è un'altra cosa».

Non vorrebbe commentare l'altro vicepresidente della Camera, Simone Baldelli, «perché è una questione tutt'interna alla guerra dei Cinquestelle e che al resto del mondo interessa poco. Anzi, è un argomento di discussione soltanto nel mondo M5s, dove a ben vedere è disdicevole avere un reddito indipendente da lavoro oltre politica, che non sia quello di studente fuori corso a vita, garantito dai genitori».