Voto a giugno, Renzi preme ma Berlusconi prende tempo

Voto a giugno, Renzi preme ma Berlusconi prende tempo
di Marco Conti
Martedì 24 Gennaio 2017, 08:25
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Roma. L'esortazione al legislatore affinchè renda «omogenee» le leggi elettorali sarà la conclusione con la quale la Corte Costituzionale concluderà la sentenza sull'Italicum. Un invito che riprenderà la sostanza delle parole pronunciate dal Capo dello Stato e che riconsegna al Parlamento il boccino di una legge molto importante che non può essere, a giudizio dei giudici, frutto di una «collazione» tra due diverse sentenze ratificata per decreto. Il richiamo dei giudici punta proprio a sollecitare il legislatore a non fare quello che il presidente del gruppo misto della Camera Pino Pisicchio definisce «il semplice copia e incolla».

Nell'attesa del big-bang di questa sera si dirada la polvere. È infatti fuori discussione che la pronuncia della Corte sarà immediatamente applicativa e questo incoraggia M5S, Lega e FdI che da giorni chiedono «subito le urne» senza che si tocchi nulla di quello che Grillo chiama «il legalicum». Se i giudici interverranno chirurgicamente cancellando il ballottaggio e restringendo le candidature multiple impedendo l'opzione libera, l'impianto proporzionale della legge verrà in parte mitigato dal premio di maggioranza che scatterebbe al 40%. Senza ballottaggio si cancella l'asimmetria con il sistema del Senato che però spinge alle coalizioni prevedendo uno sbarramento dell'8% per chi non si coalizza. Se così andrà stasera, le differenze tra i due sistemi si ridurrebbero nettamente anche se non si realizzerebbe quella «omogeneità» sollecitata dal Capo dello Stato e che verrà ribadita dalla Consulta.

La spinta ad intervenire in Parlamento resta forte, ma molto differenti sono gli obiettivi dei due unici partiti che si dicono pronti a sedersi al tavolo di una trattativa. Il Pd è per il Mattarellum e respinge l'idea del ritorno al proporzionale puro che vorrebbe Forza Italia e che sancirebbe la nascita di una grande coalizione anche prima del voto. Il Cavaliere è stretto tra la Lega e la destra di FdI. Salvini non vuole sentir parlare di intese e punta a correre da solo contando su un possibile accordo post elettorale con il M5S. La logica coalizionista, stile Ulivo e che spinge per un sistema proporzionale con sbarramenti bassi e minimo premio di maggioranza, ha ripreso quota anche a sinistra e nella minoranza del Pd, ma viene giocata tutta contro Renzi. Ovvero «via libera al proporzionale così rifacciamo il centrosinistra che però non può essere guidato dall'ex premier ma dal nuovo-Prodi». Prendere tempo, lavorando magari a una nuova legge elettorale sino al 2018, serve a D'Alema e a tutti coloro che puntano a logorare l'ex sindaco di Firenze, ma sconta la difficoltà a spingere di nuovo il Pd nelle braccia del Cavaliere.

Se così stanno le cose, la strategia di Renzi non può che essere opposta. Di elezioni e data del voto l'ex premier non parla più, ma non ha cambiato idea: questo Parlamento è ancora in piedi solo per fare la legge elettorale e se la trattativa non decolla entro due mesi è meglio votare a metà giugno piuttosto che tirare a campare. Su come dettare il timing e arrivare magari allo scioglimento delle camere a fine marzo, è buio pesto. Sfiduciare un governo del Pd non porta bene, ma è al tempo stesso complicato e molto pericoloso «scavallare» giugno per ritrovarsi ad ottobre a dover mettere mano ad una nuova legge di Bilancio.

Renzi in settimana riunirà la nuova segreteria e nel weekend sarà a Rimini per un incontro con gli amministratori locali del Pd al quale potrebbe partecipare anche Paolo Gentiloni. L'ex premier e segretario del Pd, resta fermo sulla proposta del Mattarellum ma non la considera un prendere o lasciare. Nel partito deve fare i conti con alcuni capicorrente di maggioranza, Dario Franceschini e Andrea Orlando, che non hanno la stessa voglia di urne dell'ex premier.