Voucher, arriva la stretta: multe fino a 2400 euro per chi fa il furbo

Voucher, arriva la stretta: multe fino a 2400 euro per chi fa il furbo
di Giusy Franzese
Lunedì 30 Maggio 2016, 18:21 - Ultimo agg. 31 Maggio, 15:05
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Le sanzioni per chi dovesse essere scoperto a fare il furbo sono salate: da 400 a 2.400 euro per ciascun lavoratore. Il governo dichiara guerra a chi fa, per dirla diplomaticamente, un “uso improprio” dei voucher. Ovvero a quei datori di lavoro che comprano i buoni, ma di fatto se li tengono nel cassetto per tirarli fuori solo in caso di controlli, continuando a retribuire i lavoratori totalmente o parzialmente in nero. Una pratica che - si sospetta - sia diventata abbastanza comune vista la non corrispondenza tra i voucher acquistati e quelli utilizzati. Finora l’escamotage era possibile, dato che la normativa consentiva di comunicare l’utilizzo del voucher fino a trenta giorni dopo l’effettiva prestazione. Adesso non sarà più così: la comunicazione con tutte le informazioni (nominativo e codice fiscale del lavoratore, luogo e data della prestazione), dovrà avvenire via sms o mail al massimo entro un’ora. La stretta antiabusi sarà varata domani dalla riunione del Consiglio dei ministri nell’ambito del primo provvedimento correttivo del Jobs act.

Non cambiano invece né i limiti di compensi annui (7.000 euro per la prestazione complessiva, 2.000 euro per ogni singolo committente), né i settori di utilizzo. Il governo infatti resta convinto che i voucher siano uno strumento più che utile a contrastare il lavoro nero e non condivide la posizione dei sindacati che considerano lo strumento come il massimo della precarizzazione. Ricordiamo che i voucher (acquistabili anche dal tabaccaio o alle Poste) sono buoni lavoro da 10 euro nominali (7,5 è la retribuzione netta del lavoratore, il resto va a copertura di contributi previdenziali e assicurativi).

Il provvedimento, composto da 7 articoli, conterrà anche una correzione sui contratti di solidarietà. Quelli “difensivi” in corso da almeno 12 mesi o stipulati prima del 2016, potranno essere trasformati in contratti di solidarietà “espansiva”, con la possibilità quindi di nuove assunzioni, «a condizione che la riduzione complessiva dell’orario di lavoro non sia superiore a quella già concordata». Ai lavoratori - si legge nel provvedimento - «spetta un trattamento di integrazione salariale, di importo pari al 50% della misura dell’integrazione salariale prevista prima della trasformazione del contratto e il datore di lavoro integra tale trattamento almeno sino alla misura dell’integrazione originaria». L’integrazione a carico del datore di lavoro «non è imponibile ai fini previdenziali» e vige la contribuzione figurativa. Per gli accordi siglati prima del 31 luglio 2015, che prevedono l’utilizzo del contratto di solidarietà, nei casi di «rilevante interesse strategico per l’economia nazionale» può essere reiterata la norma che da diritto ai datori di lavoro ad una riduzione dell’ammontare della contribuzione previdenziale ed assistenziale del 35% (per i lavoratori interessati dalla solidarietà).
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