La cura dei geni e i bambini modificati

La cura dei geni e i bambini modificati
di Giuseppe Novelli*
Mercoledì 3 Febbraio 2016, 12:16
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L'evento di modificazione si ottiene sostanzialmente introducendo all'interno delle cellule una sequenza esterna di Dna (normale), in grado di riconoscere in maniera specifica la sequenza target (mutata) e apportare una specifica conversione. Questa tecnica inizialmente applicata per costruzione di topi transgenici, è stata in seguito adattata per protocolli di terapia genica di malattie ereditarie, quindi per ristabilire un «fenotipo normale», alterato in seguito alla presenza di un gene difettoso. In questo modo si fornisce alle cellule l'esatta informazione genica, ristabilendo la normale struttura e il corretto funzionamento della proteina nelle cellule mutate.I vantaggi del gene targeting in protocolli di terapia genica sono diversi.

La correzione del difetto genico avviene in modo specifico al locus genomico difettoso, quindi può essere applicato sia nella cura di tutte le malattie genetiche, indipendentemente dalle dimensioni del gene. La correzione è permanente, e permette di conservare l'integrità del gene, cioè mantiene invariati gli «interruttori» del gene stesso lasciando perciò inalterati i meccanismi di regolazione. La preoccupazione consiste nel fatto che queste tecniche certamente più semplici da quelle fino ad oggi utilizzate, consentirebbero la correzione del Dna anche nelle cellule embrionali o nelle cellule uovo e quindi potrebbero dare origine a neonati geneticamente modificati, soprattutto in Paesi dove i controlli e le autorizzazioni per esperimenti di ingegneria genetica sono facili da superare.

La tecnologia del gene editing è stata con successo utilizzata su numerosi modelli animali e su modelli sperimentali di scimmia e più recentemente su cellule staminali embrionali e gameti come lo spermatozoo e l'ovocita. I ricercatori inglesi che hanno proposto questa ricerca si pongono come obiettivo la comprensione del perché almeno un embrione su due al concepimento, non procede verso lo sviluppo ed esita invece in un aborto spontaneo nelle prime settimane. Ma la ricerca potrebbe, con le dovute cautele perché è una tecnica nuova che necessita ancora di studi e ricerche, rappresentare una speranza per gli oltre venti milioni di pazienti affetti da malattie rare nella sola Europa che potrebbero guarire definitivamente sottoponendosi alla tecnica del gene editing.

In questo caso, il gene editing sarebbe eticamente accettabile senza suscitare paure, che invece potrebbero derivare da una sua possibile applicazione alle cellule germinali (spermatozoi o ovociti) oppure ad embrioni da impiantare in utero, pratica che porterebbe alla nascita di bambini geneticamente modificati (come nei recenti episodi di X-files).
L'unico modo per eliminare questi timori è quello di avviare nella comunità scientifica discussioni aperte sul tema attraverso conferenze e forum di specialisti e soprattutto sostenendo la ricerca, unico antidoto alla paura e all'ignoranza. 



*Rettore Università degli Studi di Roma Tor Vergata
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