Mamma dopo un tumore? Si può. Le storie al congresso di Chirurgia ginecologica

Mamma dopo un tumore? Si può. Le storie al congresso di Chirurgia ginecologica
Giovedì 2 Febbraio 2017, 20:30
4 Minuti di Lettura
Yityug Li ha 40 anni, è cinese, ma da anni vive a Napoli dove ha incontrato l’uomo che è diventato il suo compagno di vita. Nel 2009 è stata colpita da un tumore alle ovaie. In pochissimo tempo le sono state asportate le ovaie ed è stata sottoposta a un ciclo di chemioterapia. Sembrava la fine di tutto, soprattutto del suo desiderio di diventare mamma. E invece nel 2011, nonostante il parere contrario degli oncologici, ha deciso di farsi installare l’ovulo della sorella. «Volevo preservare il Dna – racconta – Per questo intervento sono andata in Belgio perché qui in Italia è proibito. Ho così potuto praticare l’inseminazione assistita. Il primo tentativo è fallito. E’ andata meglio la seconda volta». Nel 2014 è nato Nadan .

Rosalia ha 31 anni, aveva 25 anni quando le sono state asportate entrambe le ovaie e le tube. Si era da poco sposata, Rosalia, quando il suo progetto di costruirsi una famiglia si andava via via frantumando. E invece oggi è mamma di Francesco, un meraviglioso bambino di 2 anni. «Nel 2013 – racconta Rosalia – quando la situazione si è stabilizzata mi sono rivolta al dottor Antinori. Per farmi impiantare un ovulo sono andata a Siviglia. Il primo tentativo di inseminazione è fallito, al secondo sono rimasta incinta e da allora è iniziata per me una nuova vita».

Fulvia ha 43 anni e da 3 è mamma di Rita Letizia. Nel 2012, in seguito alla scoperta di un tumore, le è stato asportato una parte del collo dell’utero. Lei nemmeno ci pensava più ad avere un figlio e in verità non era nemmeno sposata. E invece, senza ricorrere ad alcuna inseminazione assistita, è rimasta incinta. «<All’epoca avevo un compagno, ora vivo sola con Letizia che è diventata la mia grande ragione di vita e soprattutto la mia forza per andare avanti».

Ci sono malattie che fino a qualche anno fa impedivano alle donne di pensare a una possibile maternità. Oggi le cose sono cambiate: si conoscono di più i meccanismi biologici legati alla gravidanza e ci sono farmaci più mirati. Anche per le donne che hanno avuto un tumore all’apparato riproduttivo. Come dimostrano le storie di queste tre mamme.

È al binomio donna-madre che la Società Italiana di Chirurgia Ginecologica quest’anno dedica il suo congresso nazionale riunendo le competenze delle altre Società Scientifiche e Associazioni operanti in questa disciplina. Il Convegno si svolge oggi dalle 14 e domani a Villa Doria D’Angri, a Napoli.

In Italia ogni anno oltre 60mila donne sono colpite da un tumore genitale o alla mammella, molte di più da affezioni benigne in queste sedi. Il rischio per molte di loro è di non sentirsi più normali come lo erano prima del cancro. Vivere appieno per molte donne significa anche diventare mamme. «Essere sicure che dopo la malattia tutto torni a posto dà alle donne una marcia in più per affrontare i controlli a cui devono sottoporsi dopo la malattia. – dice Stefano Greggi, presidente del Congresso insieme con Fabio Ghezzi - Ecco perché nel campo della ginecologia oncologica sempre maggiore attenzione viene dedicata alla chirurgia conservativa e ricostruttiva nel trattamento della patologia dell’apparato riproduttivo femminile e della mammella. Ciò ha particolare importanza nella donna in età riproduttiva, nella quale l’utilizzo di nuove metodiche permette oggi più ampie prospettive al fine della preservazione della fertilità. E’ così che nuovi mezzi terapeutici sono entrati nell’armamentario terapeutico a supporto del benessere sessuale della donna».

Il Congresso si propone, sotto l’egida della SIGO, di fornire ai partecipanti un comprensivo aggiornamento clinico in uno scenario in rapida evoluzione, mediante letture frontali, video e ampie discussioni con il contributo di esperti provenienti da ogni parte di Italia.

Il carcinoma ovarico è il sesto tumore più diffuso tra le donne ed è il più grave con il 50 per cento di mortalità, rientrando tra le prime 5 cause di morte per tumore tra le donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni. In Italia circa 37.000 donne convivono con questo tumore, ogni anno si diagnosticano 6.000 nuovi casi (10.2 casi per 100mila pazienti/anno) e, secondo il Registro tumori,  il numero delle nuove diagnosi è in crescita.

Ma la gravidanza non può aumentare il rischio che la malattia ritorni?

«Il modo migliore per fugare dubbi e timori – continua Greggi - è condividere con l’oncologo curante e con il ginecologo, possibilmente esperto nella gestione dei problemi di fertilità nelle pazienti oncologiche, il desiderio di avere un figlio dopo la guarigione in modo da ricevere informazioni corrette ed esaurienti per compiere scelte consapevoli, sicure ed efficaci».
© RIPRODUZIONE RISERVATA