Caproni, chi è il poeta della Maturità
e i suoi «Versicoli quasi ecologici»

Caproni, chi è il poeta della Maturità e i suoi «Versicoli quasi ecologici»
Mercoledì 21 Giugno 2017, 11:39
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Un poeta forse poco noto al grande pubblico ma fra i più grandi autori italiani del Novecento. Fra le tracce proposte per la prima prova di maturità c'è la poesia «Versicoli quasi ecologici», di Giorgio Caproni, pubblicata postuma nel 1991. Di origini livornesi, Caproni ha vissuto prima a Genova e poi a Roma e dopo aver partecipato alla Seconda Guerra Mondiale si unì alla Resistenza. Per molti anni ha lavorato come maestro elementare e durante una di queste esperienze, a Loco di Rovegno, conobbe Rina Rettagliata, che sposò nel 1937.

Le prime raccolte di versi di Caproni risalgono al decennio 1932-1942, fra cui Come una allegoria, Ballo a Fontanigorda, Finzioni, Cronistoria. Al periodo della guerra e della Resistenza si deve la raccolta Il passaggio di Enea, che raccoglie le sue poesie pubblicate fino al 1956. È morto nel 1990 ed è sepolto con la moglie nel cimitero di Loco di Rovegno. I temi portanti della poetica di Caproni sono la madre, rievocata e ricordata in molte poesie; Genova, considerata la sua «città dell'anima»; il viaggio, un viaggio allegorico alla scoperta della vita. Carlo Bo, uno dei suoi primi critici, lo definì il «Poeta del sole, della luce e del mare».

La poesia scelta per la traccia di maturità, contenuta nella raccolta Res Amissa, è stata pubblicata postuma un anno dopo la sua morte. Caproni fa un elogio appassionato della natura messa però in pericolo dall'uomo che per «vile profitto» ha reso il Paese «guasto» e conclude la poesia con una vera e propria invettiva: «Come potrebbe tornare a essere bella, scomparso l'uomo, la terra». 

Ecco «Versicoli quasi ecologici», la poesia di Giorgio Caproni oggetto di Analisi del testo per la prima prova della maturità 2017 , subito rilanciata da Skuola.net:

«Non uccidete il mare,
la libellula, il vento.
Non soffocate il lamento
(il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino:
anche di questo è fatto
l'uomo. E chi per profitto vile
fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere
del lavoro. L'amore
finisce dove finisce l'erba
e l'acqua muore. Dove
sparendo la foresta
e l'aria verde, chi resta
sospira nel sempre più vasto
paese guasto: Come
potrebbe tornare a essere bella,
scomparso l'uomo, la terra».
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