«Prove scritte e docenti esterni,
stop corruzione negli atenei»

«Prove scritte e docenti esterni, stop corruzione negli atenei»
di Maria Pirro
Giovedì 14 Dicembre 2017, 08:39 - Ultimo agg. 16:26
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Reintrodurre una prova scritta nei concorsi per ricercatore, affidare la valutazione a commissioni formate in prevalenza da docenti esterni, sanzionare duramente i conflitti di interesse a tutti i livelli. In 79 pagine il magistrato Raffaele Cantone definisce le «zone di opacità» nelle università italiane, quelle che considera «più esposte al rischio corruzione», e indica precise contromisure. Alcune, come un unico codice etico e di comportamento e le nuove «sentinelle» per la trasparenza, il 21 dicembre saranno annunciate in una conferenza organizzata con il ministro dell'Istruzione, Valeria Fedeli. Ma tutti gli interventi sollecitati sono già indicati nella delibera 1208, approvata il 22 novembre, che il Mattino ha esaminato.

Si inizia con le regole, tante e troppo frammentate, per accedere ai fondi di ricerca. «È necessario - si legge nel documento - che le università adottino misure che favoriscano la massima circolazione delle informazioni su bandi e facilities» e indichino in anticipo i parametri di accesso per parteciparvi. «La non conoscibilità delle procedure e, ex post, dello stesso quadro di soggetti beneficiari è sintomo della scarsa trasparenza del sistema e di possibili rischi di scelte discriminatorie».

Altre perplessità sono espresse sui procedimenti di selezione dei valutatori. Ad esempio. La banca dati del ministero, denominata Reprise, prevede che tutti gli interessati possano aderire: un criterio che «favorisce la possibilità che si candidino solo soggetti portatori di interessi». Una revisione è già in cantiere. Ma, per l'Anac, è anche utile prevedere, mediante codici etici o di comportamento dei singoli atenei, specifiche sanzioni per chi ha conflitti di interesse o incompatibilità e per chi trasgredisce i principi di trasparenza, correttezza, imparzialità.
 
Un altro capitolo sottolinea l'esigenza di «una migliore definizione dei ruoli tra chi elabora le regole, chi è chiamato ad attuarle e procede alla nomina dei componenti degli organi di valutazione e chi deve svolgere gli opportuni controlli». Significa che dovrebbero essere sempre selezionati con avvisi pubblici (e con parametri stabiliti in anticipo) i componenti dei Gruppi di esperti chiamati a valutare la qualità della ricerca prodotta dai singoli atenei, un giudizio decisivo per ottenere soldi pubblici. Non solo: un ulteriore profilo di rischio è dovuto al cumulo di incarichi, con la «compresenza in più procedimenti decisionali e situazioni di conflitti di interesse» di docenti che hanno avuto ruoli rilevanti in ministeri ed enti centrali e altri ne hanno accettati, a livello locale, nell'ambito della ricerca e della formazione.

Quanto ai concorsi, è già prevista una procedura preselettiva nazionale: l'Asn, l'abilitazione scientifica viene rilasciata agli aspiranti professori da commissioni individuate tramite sorteggio e in base diversi parametri, tra cui impatto e qualità dei lavori scientifici e numero di citazioni nelle riviste di settore. Il metodo è considerato «il più garantista e neutro, sul piano della imparzialità dei giudizi» e approvato per legge. «Ciò non toglie», rileva l'Anac, che i lavori delle stesse commissioni possano subire pressioni. Non solo: «Il processo di valutazione delle riviste è potenzialmente esposto a situazioni di conflitto di interessi». Per questo, i referee dovrebbero essere individuati attraverso «call pubbliche, con una chiara predeterminazione dei criteri di scelta e con la previsione di clausole precise».

C'è poi la chiamata diretta dei docenti per chiara fama. E un'ulteriore forma di reclutamento, che avrebbe dovuto essere transitoria, consiste nella selezione riservata a ricercatori a tempo indeterminato e professori associati già in servizio nello stesso ateneo che bandisce il posto. Basta, infatti, che i candidati abbiano conseguito l'Asn per poter aspirare a diventare, rispettivamente, associati o ordinari: «L'Autorità ha rilevato che questo sistema si presta, tuttavia, a pressioni indebite (anche da parte dei docenti) e pertanto se ne raccomanda un utilizzo contenuto». Favorire gli interni, si fa notare nella delibera, «oltre a compromettere gravemente l'imparzialità, impedisce l'accesso non solo ai meritevoli di altre università italiane, ma anche a chi proviene da università straniere, riducendo sensibilmente» l'internazionalizzazione dei saperi, «uno dei punti di forza per assicurare libertà e qualità alla ricerca».
 
E non è finita. Un altro fattore di rischio rilevato è «la possibile esistenza di situazioni di conflitto d'interesse fra chi partecipa alle procedure selettive e il personale presente, a diverso titolo, nell'ateneo, potenzialmente alla base di situazioni di nepotismo e di assenza di imparzialità delle decisioni di assunzione». Con l'obiettivo di evitare che le cattedre siano tramandate di padre in figlio, dal 2010 è prevista una «vera e propria incandidabilità» per parenti fino al quarto grado. L'Anac raccomanda «attento controllo» e puntualizza che l'incompatibilità è estesa alle coppie di fatto e «a maggior ragione deve valere per le chiamate dirette», non solo per i concorsi. Da evitare, inoltre, la «irregolare composizione delle commissioni».

In realtà, «le disposizioni legislative non disciplinano né le regole di formazione delle commissioni né lo svolgimento dei loro lavori, rinviando ai regolamenti universitari». L'Anticorruzione chiede però di ricorrere al sorteggio, rispettare «il principio delle pari opportunità tra uomini e donne» e garantire «la massima trasparenza, prevedendo almeno tre membri, in maggioranza esterni, per il reclutamento dei ricercatori e dei professori associati, e almeno cinque membri di cui uno solo interno, per il reclutamento dei professori ordinari. Si avrebbe in tal modo un sistema di «garanzie crescenti», proporzionale «alla rilevanza delle posizioni accademiche». Altra misura: la limitazione dell'incarico di commissario a due e non più di tre concorsi all'anno. Lo stesso docente va considerato in «conflitto di interessi» anche se c'è collaborazione professionale o «comunanza di vita» con un candidato. Sul punto, l'Anticorruzione chiede di adottare «principi e regole comuni» negli atenei e, con lo scopo di promuovere «una valutazione di carattere oggettivo», reintrodurre «almeno una prova scritta con garanzia di anonimato» per i concorsi dei ricercatori. Inoltre, «essenziale e urgente» è «che le università individuino forme di coordinamento tra codice etico e codice di comportamento» contro le cattive condotte, tra cui si citano l'abuso della posizione, il plagio, i conflitti di interesse nella ricerca scientifica, i favoritismi personali o il nepotismo. L'Anac, in stretta collaborazione con il Miur (e con gli altri componenti del tavolo tecnico), si propone di predisporre al più presto le linee guida, che non trascureranno neppure le attività libero professionali e il lavoro autonomo anche continuativo svolte da professori e ricercatori. «Per la consulenza, in particolare, si pone il problema di individuare eventuali limiti».

Gli ultimi dubbi riguardano la «proliferazione di società partecipate, associazioni, consorzi e fondazioni».

Tale pratica può «esporre la gestione di risorse pubbliche a fenomeni di corruzione e di mala gestio e, pertanto, è opportuno sia monitorata». E il reclutamento di personale e il conferimento di incarichi, anche in questi enti, dovrebbe avvenire tramite concorso. Infine, si parla del «ruolo improprio dei professori universitari nella gestione degli spin-off e possibili conflitti di interesse» con «retribuzioni indebite».

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