I "viaggi nell'aldilà" chi chi sopravvive a un infarto: studio spiega cosa accade

I "viaggi nell'aldilà" chi chi sopravvive a un infarto: studio spiega cosa accade
Lunedì 12 Agosto 2013, 11:57 - Ultimo agg. 13 Agosto, 16:17
2 Minuti di Lettura
ROMA - Le esperienze "pre-morte" o i cosiddetti "viaggi nell'aldil" raccontati da circa il 20% di coloro che sopravvivono a un infarto hanno per la prima volta una spiegazione fondata su dati concreti: si devono al fatto che l'attivit elettrica del cervello continua ad essere molto ben organizzata anche nei primissimi istanti dopo la morte clinica.



Lo studio. È quanto affermano alcuni ricercatori dell'università del Michigan che hanno pubblicato un articolo sulla rivista dell'accademia delle scienze americana Pnas. Utilizzando un elettroencefalogramma i ricercatori hanno analizzato le attività cerebrali di nove ratti anestetizzati e sottoposti ad arresto cardiaco indotto sperimentalmente. Entro i primi 30 secondi dopo l'arresto cardiaco, in cui il cuore smette di battere e il sangue smette di fluire verso il cervello, in tutti i ratti è stata riscontrata una attività cerebrale con una diffusa sovratensione, caratteristica questa associata ad un cervello altamente eccitato e dalla percezione cosciente. Comportamenti cerebrali identici sono state osservate dai ricercatori anche nei ratti sottoposti ad asfissia.



«La previsione che avremmo trovato alcuni segni di attività cosciente nel cervello durante l'arresto cardiaco, è stata confermata con i dati», scrive Jimo Borjigin, professore di fisiologia molecolare e integrativa e di neurologia presso la scuola di medicina dell'università del Michigan e coautore dello studio. «Siamo stati sorpresi però - aggiunge l'anestesista George Mashour, coautore dello studio - dagli alti livelli di attività. In effetti i segnali elettrici ci indicano che il cervello ha una attività elettrica ben organizzata durante la fase iniziale di morte clinica. Questo ci suggerisce che nello stato di pre-morte esiste quindi un livello di coscienza che normalmente si trova in una condizione di veglia».



L'attività cerebrale. È la prima volta che si indaga in maniera sistematica sulla condizione neurofisiologica del cervello immediatamente successiva all'arresto cardiaco. «Questo studio ci dice che la riduzione di ossigeno o di ossigeno e glucosio durante l'arresto cardiaco è in grado di stimolare l'attività cerebrale che è una caratteristica dell'elaborazione cosciente. Esso offre anche il primo quadro scientifico - conclude Borjigin - per le molte esperienze di pre-morte riportate da pazienti sopravvissuti all'arresto cardiaco».