Il sogno folle del ritorno al Califfato

Il sogno folle del ritorno al Califfato
di Franco Cardini
Sabato 19 Agosto 2017, 08:50 - Ultimo agg. 10:13
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Nell’opinione pubblica e sulla stampa spagnole di questi mesi infuria una polemica che per i non spagnoli è incomprensibile o quasi mentre, per gli autoctoni, è ovvia e nondimeno accanita. Da almeno un paio di secoli il paese di Cervantes è drammaticamente spaccato in due: una destra che rivendica con orgoglio l’identità tra hispanidad e tradizione cattolica da una parte, una sinistra che, al contrario, sostiene che i fondamenti della cultura iberica della libertà stanno nel laicismo, se non addirittura nell’agnosticismo e nell’ateismo.

Ed ancora: si ritiene che a vaccinare la Spagna contro le tentazioni reazionarie siano le sue autentiche radici storiche, fondate sulla memoria del tempo della convivenza e della tolleranza. Quel felice medioevo iberico nel quale l'occupazione arabo-berbera di quasi tutta la penisola, nell'VIII secolo, aveva imposto di fatto la compresenza di tre culture la cristiana, la musulmana e l'ebraica che sia pur con difficoltà e con momenti di attrito contribuirono alla vita nobile, prospera e sicura del paese.

Non che le cose siano andate davvero così, né in un modo né nell'altro. Ma, nel nome di questa opposta interpretazione, volta per volta accompagnata da veri altri aspetti politici ed economici, gli spagnoli hanno affrontato, prima nel XIX e quindi nel XX secolo, due successive sanguinose guerre civili.

Oggi, sembra di essere alle solite. Dinanzi alla tremenda tragedia di Barcellona e ai suoi morti innocenti, insieme con l'ondata di proteste e di rivendicazioni nella quale è sempre difficile distinguere la reazione contro la violenza terroristica dei fondamentalisti islamici e la realtà generale d'un mondo musulmano ch'è nella sua maggioranza estraneo e contrario alle stragi, le destre suonano la grancassa dell'ora della riscossa cristiana contro gli infedeli, come nel medioevo; e le sinistre, per contro, replicano ricordando che se un'ottantina di anni fa, durante la guerra del '36-'39, Franco non avesse ricevuto l'appoggio non solo dei nazisti e dei fascisti ma anche delle sue fedelissime, coraggiosissime e ferocissime milizie marocchine musulmane, egli non ce l'avrebbe fatta a imporre al paese la sua lunga dittatura.

Certo, ci siamo abituati; nondimeno è sempre triste e umiliante dover assistere in casi come questi, passata la prima fase dell'orrore e del lutto, al ping-pong delle recriminazioni e dei tentativi di strumentalizzazione politica. Ma tant'è. Oggi, in Spagna e fuori, siamo alla solita musica cento volte sentita: da una parte chi dice che i musulmani sono sempre gli stessi, sono tutti uguali, e che siamo in pieno scontro di civiltà; dall'altra chi ribatte che per combattere il terrorismo che si alimenta dell'estremismo politico e del disagio sociale non ci sono altre vie se non l'intelligence e l'informazione da una parte, la sempre maggiore conoscenza reciproca (e quindi integrazione) dall'altra.
Ad ogni modo, noi ci troviamo oggi, con l'attentato di Barcellona, dinanzi a una variabile della lotta terrorista sostenuta dagli islamisti. Siamo d'altro canto all'esito d'una campagna ideologica e se si vuole anche intellettuale che ai non-spagnoli era appunto finora largamente ignota e insospettata, ma che gli esperti e anche (almeno nella penisola iberica) i più attenti e i meno disinformati all'interno della società civile ben conoscevano.
Il fondamentalismo islamista, ormai diffuso in tutto il mondo per quanto numericamente ancora ristretto, si alimenta di molti miti: il principale tra essi è intraislamico, la fitna, cioè la guerra civile tra sunniti e sciiti; ma ci sono poi temi locali e particolari che finiscono con l'avere, in certi settori geopolitici del mondo musulmano, il sopravvento. Nel Vicino Oriente, lo splendore del califfato medievale; nel Mediterraneo orientale, i fasti dell'impero ottomano; nel Maghreb, il mito di al-Andalus, la Spagna musulmana dei secoli VIII-XV, e la nostalgia dei palazzi e dei giardini di Granada.

Anni fa, molti colleghi spagnoli studiosi dell'Islam sorridevano riferendo dell'esistenza, nel Maghreb e soprattutto in Marocco, di associazioni giovanili e studentesche le quali fondavano la loro propaganda sulla volontà irredentistica di una «riconquista musulmana dell'Andalusia». Fantasie romantiche, si diceva.
Lo sono senza dubbio ancora: ma oggi ci rendiamo conto ch'esse hanno alimentato e alimentano nell'Islam maghrebino (e tra gli immigrati) un sogno folle che si va innescando sul malessere e sul disorientamento che forniscono al terrorismo nuove forze giovani, nuovi aspiranti martiri.
Non c'è dubbio che quella venutosi a progressivamente formare fra dodici e sette secoli fa, in un'area che dalla Sirte giungeva sino all'Ebro, fu una grande e civilissima cultura che, pur nelle molteplici diversità locali e politiche, aveva e manteneva una sua unità garantita dalla fede musulmana e dalla lingua araba. Di tale realtà, fra IX e XI secolo fece parte anche la nostra Sicilia, dove peraltro l'influsso, l'impronta e la nostalgia della cultura islamica rimasero vive molto a lungo (e il regno di Federico II ne fu una prova).
In quei secoli i musulmani dettero vita perfino a un'esperienza califfale, quella di Córdoba: il particolarismo ebbe poi la meglio, ma i vari emirati iberici, spesso magari in lotta fra loro, continuarono a vivere una vita culturalmente ed economicamente splendida.
A quella cultura la stessa Europa medievale deve moltissimo: furono gli arabi di Spagna a riportarci, in traduzione, la filosofia greca, e a insegnarci la matematica, l'astronomia, la fisica, la chimica, la medicina.
Intanto però il nordovest spagnolo, rimasto cristiano, si riorganizzava: e dalla fine del X secolo aveva inizio quell'offensiva, poi detta Reconquista, che progressivamente ridusse i principati musulmani a dimensioni sempre più piccole. Fino al regno di Granada, espugnato nel 1492 dai Re Cattolici Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia.
Rivendicare quelle antiche glorie è folle. Il passato, proprio e soprattutto quando fu magnifico, non torna. Ma in momenti, come questo, di confusione e diciamolo pure di follìa, i più aberranti pretesti possono divenire serissimi, formidabili moventi. E decine di vite umane possono venire stroncate sotto il bel cielo di Barcellona (come, ormai da decenni, centinaia di migliaia di vite umane vengono stroncate in tutto il mondo) nel nome di demenziali parole d'ordine politiche dietro le quali si nascondono ancor più demenziali disegni di potere.
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