Il Papa ai giornalisti: «Chiacchiere come "terrorismo", possono uccidere»

Il Papa ai giornalisti: «Chiacchiere come "terrorismo", possono uccidere»
di Franca Giansoldati
Giovedì 22 Settembre 2016, 12:38 - Ultimo agg. 23 Settembre, 13:43
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Città del Vaticano Verità, etica, rispetto. Il Papa incontra i giornalisti italiani e i vertici degli organi di categoria nella Sala Clementina, cuore del palazzo apostolico, e ne approfitta per riflettere sulla professione del giornalista, un mestiere che sta cambiando per effetto dei new media. Papa Bergoglio si raccomanda di non «sottomettere la propria professione alle logiche di interessi di parte, siano essi economici o politici», insiste molto sul bisogno di cercare la verità e l'onestà. «La questione non è essere o non essere un credente, la questione qui è essere o non essere onesto con sé stesso e con gli altri». Sotto gli affreschi che raffigurano la pesca miracolosa sul Lago di Tiberiade, il pontefice continua a parlare, sottolineando che occorre coltivare il bisogno di etica in un mestiere definito «colonna portante di una società libera». Ad ascoltare le parole di Bergoglio ci sono centinaia di persone, tra cui quasi tutti i direttori di giornali e televisioni.

«Ci sono poche professioni che hanno tanta influenza sulla società come quella del giornalismo». Spesso il rischio è di perdere di vista la dignità umana: «Spesso io ho parlato delle chiacchiere come terrorismo, di come si può uccidere una persona con la lingua.
Un articolo viene pubblicato oggi e domani verrà sostituito da un altro, ma la vita di una persona ingiustamente diffamata può essere distrutta per sempre
». La speranza del Papa è che a tutti i livelli, dal direttore al semplice praticante, nelle redazioni, sia possibile approfondire un po' la realtà circostante e intercettare il bisogno di costruire una società migliore. «La critica è legittima e necessaria, così come la denuncia del male, ma questo deve essere sempre fatto rispettando l'altro».

Il presidente dell'Ordine dei giornalisti, Enzo Jacopino, lo ha ringraziato per l'udienza, raccontando di come diversi colleghi siano costretti a vivere sotto scorta oppure a vivere con qualche centinaio di euro al mese perché malpagati dagli editori.
«Padre Santo si tratta di una nuova forma di schiavitù, la si può negare ma emerge con la violenza o il dolore di chi non ce la fa più». Infine monsignor Dario Viganò, prefetto della segreteria della comunicazione, ha incoraggiato la ricerca delle buone notizie. «Perché non coltivare il gusto per le notizie buone, quelle che non fanno mai capolino tra i grandi titoli dei giornali e della tv che sembrano preferire tutto ciò che è segnato da violenza o da sopraffazione».
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