Pedofilia a Roma nord, una mamma: «Quel mostro ha distrutto mio figlio»

Pedofilia a Roma nord, una mamma: «Quel mostro ha distrutto mio figlio»
di Cristiana Mangani
Domenica 27 Marzo 2016, 09:13
3 Minuti di Lettura

 È pietrificata la mamma di uno dei ragazzi finiti in questo maledetto giro. Il suo viso ha il colore del travertino, gli occhi non hanno più lacrime, ha uno sguardo fisso ma la fierezza di una madre ferita. In bilico tra il dolore che lacera, la forza di lottare, il dubbio che invade e pervade ogni pensiero.
Ora il suo obiettivo è solo quello di stare vicino al figlio, parlargli con le parole giuste, mostrare la sua rabbia ma anche rimettere insieme i pezzi. Suo figlio ha 15 anni e mezzo. Abita e va a scuola in zona Roma-Nord.

Signora, lei sa come e dove il ragazzo ha conosciuto quest'uomo che l'ha convinto a frequentarsi?
«Davanti ad un locale, poco più di due anni fa. Era un tredicenne. Con lui c'erano altri ragazzi, lui si è messo a scherzare, a giocare con loro. Poi ha chiesto i numeri dei cellulari».

Il numero di cellulare ad uno sconosciuto?
«Avevano capito che era un personaggio conosciuto nei locali. È riuscito a convincerli».

In suo figlio ha mai visto cambiamenti nel carattere o nei comportamenti?
«Nell'ultimo anno e mezzo è diventato particolarmente nervoso e irritabile. Ero molto preoccupata perché sembrava sempre di cattivo umore. Ci scontravamo spesso, rispondeva come non aveva mai fatto».

Di che cosa era preoccupata?
«Pensavo, come tutte le madri, alla droga. Alle sostanze che poteva prendere con l'alcol durante una serata. Facevo i conti con una crescita non serena, la sua adolescenza si presentava tutta in salita.

Quale erano la sua strategia?
«Rimboccarmi le maniche e lottare con la sua rabbia».

È mai tornato a casa con capi d'abbigliamento nuovi e costosi, smartphone ultima generazione o altro?
«No, mai. Tutto quello che indossava era stato acquistato o da me o da mio marito. Facevo attenzione a questo, ero in allerta. Nessun oggetto o cambiamento che potesse insospettirmi».
 

Lei ora sa dove si incontrava suo figlio con quest'uomo?
«Sì in una casa al quartiere Fleming, sempre nel pomeriggio. Ma non frequentemente».

Sa se c'erano più ragazzi durante questi incontri?
«No, sempre soli»

Come sta adesso suo figlio?
«Sta crollando, ogni giorno appare più sofferente».

Qual è stato su di lui l'effetto dell'arresto?
«Per lui una liberazione. Era felice che fosse stato tolto dalle mani del “mostro”».

Vuol dire che lui avrebbe voluto sganciarsi dalla situazione?
«Sì, ma non gli era più così facile. Non sapeva come uscirne».

Possiamo parlare di ricatto?
«Io non uso questa parola né l'ha usata mio figlio. Ma spaventare un ragazzino di quindici anni non è difficile».

Lei come ha reagito quando ha saputo?
«Ho provato orrore e dolore in modo devastante. Una pugnalata, una violenza nell'intimità più profonda. Il desiderio istintivo di proteggere il figlio e, allo stesso tempo, la difficoltà a rivolgermi a lui. A scandire le parole».

E ora, a distanza di tempo dall'arresto, ha ripreso la sua vita, parla con suo figlio? Si è scontrata con lui?
«La vita non è più la stessa, è frantumata. Come frantumati sono i rapporti familiari che adesso dovranno essere riannodati. Certo che mi sono scontrata con lui, ho cercato di capire. Ma ora il ragazzo, prima di tutti, ha bisogno d'aiuto. E io, per lui, ci sono».
 
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