Differenziata e smaltimento
il dossier di Cantone sui rifiuti

Differenziata e smaltimento il dossier di Cantone sui rifiuti
di Alberto Alfredo Tristano
Venerdì 23 Settembre 2016, 06:50
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Mancato rispetto dei parametri e delle finalità dell’impianto rifiuti del Comune di Salerno, elevati costi di gestione per lo smaltimento, nessuna verifica o controllo sul gestore, diverse criticità nella raccolta differenziata, carenze progettuali dell’impianto che hanno causato costi ulteriori, sospetto di reati ambientali, incarichi di collaudo da chiarire, rinnovo dell’appalto in contrasto con la legge. È quanto si legge nella relazione sull’istruttoria aperta dall’Autorità nazionale anticorruzione sul servizio di gestione per cinque anni dell’impianto per il trattamento dei rifiuti organici nel Comune di Salerno. La relazione è stata protocollata il 6 settembre scorso e inviata al Comune di Salerno, a Salerno Pulita, alla Daneco Impianti (società che gestisce l’impianto), alla Regione Campania, al ministero dell’Ambiente, all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), all’Arpac, e per conoscenza alla Procura della Repubblica di Salerno. Le parti hanno trenta giorni di tempo per produrre le controdeduzioni. Sono questi nel dettaglio i rilievi mossi dall’Ufficio vigilanza servizi e forniture dell’Anac, guidata da Raffaele Cantone.
L’impianto. Gli accertamenti effettuati dall’Autorità nascono dall’esposto presentato dall’ex assessore regionale all’Ambiente della giunta Caldoro, Giovanni Romano, che ha segnalato alcune presunte anomalie sull’appalto, in particolare per quanto concerne gli elevati costi di investimento dell’impianto e il suo cattivo funzionamento. L’Anac ha rilevato che «l’impianto non riesce a raggiungere gli obiettivi di progetto, in quanto il rifiuto conferito consta di fatto in un rifiuto indifferenziato; l’impianto pertanto non riesce a trattare i rifiuti secondo le previsioni di progetto e conseguentemente il recupero di materia è modesto e il recupero dell’energia pressoché inesistente». Inoltre l’impianto produce un eccessiva quantità di “sovvalli” e percolato, che sono conferiti in discarica con ulteriori costi che vanificano gli obiettivi, cioè i vantaggi ambientali e quelli economici sulle tariffe, con un aggravio di spesa per i cittadini e il bilancio del Comune. 
I costi. Questo problema sulla differenziata, segnala l’Anac, era noto al Comune, che ha disposto il nolo temporaneo di un vagliatore mobile, al costo di 650 euro al giorno, per eliminare le impurezze nella Forsu (Frazione organica rifiuto solido urbano): una buona norma, praticata anche nei casi più virtuosi di raccolta differenziata. Ma, attraverso una delibera del luglio 2012, Palazzo di città aveva riconosciuto al gestore dell’impianto, la Daneco, gli extracosti di 120 euro a tonnellata per lo smaltimento dei rifiuti presso una discarica di proprietà della stessa società, discarica situata a Pianopoli, in provincia di Catanzaro. Un’iniziativa che può essere comprensibile in fase di emergenza, scriva l’Autorità, ma non a oltre quattro anni dall’avvio dell’impianto e a sei dall’inizio (settembre 2009) della raccolta differenziata. 
Restando sul nodo dei costi, l’Anac si sofferma sulla procedura di affidamento del servizio di gestione, in particolare sulla stima del valore dell’appalto. Assumendo a riferimento l’anno 2013, l’Anac segnala che il costo della gestione provvisoria è stato di euro 954.545,45 (Iva esclusa), cui si sono aggiunti 950.708,23 euro per lo smaltimento dei sovvalli, 235.619,94 per lo smaltimento del percolato e 60.227,60 per il vaglio mobile. Per un totale di 2.201.101,22 euro. Il che significa che l’importo previsto di 3 milioni di euro è notevolmente superiore (+36,29%) a quello effettivo: con un incremento di 798.898,78 euro. «Tale maggiore onore - scrive l’Anac – se riferito ai 5 anni di durata minima del contratto, è pari a 3.994.493,9 euro» e in caso di proroga a 9, prevista dal capitolato, si arriva a ben 7.190.089,02 euro.
L’ipotesi di reati ambientali. L’Anac sottolinea anche una possibile violazione della normativa di classificazione dei rifiuti. In sostanza il rifiuto organico viene qualificato in classi in funzione della percentuale di frazioni non compostabili presenti. La soglia massima è del 20%: oltre, il rifiuto va classificato diversamente, cioè con altro codice. Nello stralcio della relazioni ispettiva si legge che il Comune di Salerno non ha «effettuato specifici controlli o verifiche in contraddittorio, anche a campione, sulle caratteristiche e quelle quantità dei materiali in ingresso o in uscita dall’impianto gestito dalla Daneco, dati fondamentali per la corresponsione alla società dei relativi importi». Ne consegue che «prende corpo la filiera indebita della gestione dei rifiuti nel Comune di Salerno». L’Anac richiama sul punto «l’ipotesi di reato in caso di false indicazioni sulla natura, composizione e caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti o uso di un certificato falso (o inesistente)».
Inoltre l’Autorità evidenzia come il prodotto derivante dall’attività di triturazione, vagliatura primaria e secondaria non perde la caratteristica di rifiuto urbano, e in quanto tale è sottoposto al principio dell’autosufficienza regionale per il relativo smaltimento: ma fino al 2014 il materiale di “sovvalli/sopravvalli” finiva nella discarica calabrese.
Niente verifiche. L’Arpa Campania, scrive l’Anac, «era al corrente dell’anomalo funzionamento dell’impianto stante che il gestore (Daneco), come di norma, ha inviato con cadenza semestrale i rapporti di prova», da cui si evince «l’elevato grado di impurità del rifiuto trattato»: ma l’Agenzia regionale non fatto nulla. Lo stesso vale per l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che si occupa di raccolta ed elaborazione dei dati, il che «non si ritiene lo renda esente da un’analisi critica degli stessi», visto che istituisce il catasto «con finalità di controllo e pianificazione della gestione dei rifiuti». 
Le carenze. L’Anac si sofferma sulle opere aggiuntive, effettuate per ampliare la capacità dell’impianto a 40 mila tonnellate, che però sembrano previste anche per sopperire a carenze progettuali originarie, in particolare per la vagliatura e il trattamento dei percolati. Inoltre l’Autorità segnala come sia in contrasto con la normativa la previsione di una proroga «a discrezione della stazione appaltante, per un periodo massimo di quattro anni»: una volta scaduto il contratto, dice invece la legge, l’amministrazione deve procedere a nuova gara. Tuttavia per l’Anac ci sono margini di applicabilità del rinnovo espresso a determinate condizioni.
Gli incarichi. Da chiarire è invece la questione dei compensi per gli incarichi di collaudo, affidati a personale interno di altre amministrazioni aggiudicatrici: l’Autorità spiega come «il collaudo sia ricompreso fra le attività tecniche per le quali è stabilito un incentivo, nella misura del 2% dell’importo per lavori posto a base di gara, in favore del personale interno, ovvero ad esso equiparato ai fini dell’affidamento dell’incarico, coinvolto nell’espletamento delle stesse».
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