Ginecologia addio, al Ruggi Cantone adotta il pugno di ferro

Una corsia del reparto di ginecologia dell'ospedale Santa Maria dell'Olmo
Una corsia del reparto di ginecologia dell'ospedale Santa Maria dell'Olmo
di Sabino Russo
Venerdì 6 Maggio 2016, 06:15 - Ultimo agg. 09:16
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La struttura commissariale del Ruggi non fa passi indietro rispetto alla proposta di piano aziendale licenziata a fine marzo e conferma l’intenzione di chiudere il punto nascita di Cava de’ Tirreni. Per questo motivo, l’altro giorno, ha conferito l’incarico legale per la presentazione al Consiglio di stato di appello avverso all’ordinanza del Tar di sospensione del piano di «riorganizzazione dell’area materno-infantile del Santa Maria dell’Olmo», avanzato dall’ex direttore generale a inizio anno, e delle attività di pronto soccorso ostetrico, che ha fissato la trattazione del merito del giudizio per l’udienza del 9 novembre prossimo.

La scelta di proporre appello, come esplicitato nella delibera, nasce dalle raccomandazioni contenute nell’accordo Stato-Regioni del 2010 in tema di sicurezza ed appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso di nascita, che fissano in almeno mille parti all’anno il parametro standard a cui tendere per il mantenimento dei punti nascita, stabilendo, comunque, un valore soglia non inferiore a 500 parti all’anno. Parametri, tra le altre cose, indicati nel decreto del ministero della Salute del 2 aprile 2015 «regolamento recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera». 

La chiusura dei reparti di ginecologia e ostetricia di Cava de’ Tirreni e Mercato San Severino, a partire dal primo gennaio di questo anno, prevista nel piano di accorpamenti messi in campo dall’ex direttore generale Vincenzo Viggiani si è resa necessaria anche dall’introduzione della direttiva europea, che vieta dal 29 novembre scorso a medici e infermieri di svolgere turni di lavoro superiori al limite massimo di 12 ore e 50 minuti nell’arco di una giornata. Il riposo giornaliero, quindi, non deve essere inferiore alle 11 ore. Inoltre il servizio non può prolungarsi, in media, oltre le 48 ore alla settimana. 
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