«Il sindaco Napoli sarà di transizione
Presto un’altra generazione»

«Il sindaco Napoli sarà di transizione Presto un’altra generazione»
di Adolfo Pappalardo
Venerdì 20 Maggio 2016, 06:30 - Ultimo agg. 09:14
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«Ho il terrore di interrompere questo cammino», dice, ad un certo punto, Vincenzo De Luca modificando lievemente il tono. Abbassandolo, quasi per pudore e un po’ di paura. È il comizio, il primo vero, con Enzo Napoli, l’uomo indicato come successore alla poltrona di sindaco. Per ora. Se il governatore parla di «una fase di transizione» e accenna a «una battaglia per la nuova generazione che arriverà, una nuova classe dirigente». Passaggio, quasi impercettibile, nella foga oratoria di quasi un’ora del governatore che apre a scenari che verranno. Ma poi. E qualcuno pensa ai due figli seduti in prima fila. 
«Sono tornato qui perché sentivo il dovere di invitare a votare Enzo Napoli - dice -: ha equilibrio personale e doti politiche, l’ha dimostrato in questi mesi. Ora si apre un nuovo capitolo». Sala gremita e scenografia sobria scelta personalmente da De Luca. Non il suo nome, non quello di Napoli ma solo la scritta «Per Salerno» su quel fondo blu, ormai classico. Nessuna personalizzazione. Poco prima, sul maxi schermo, scorrono le immagini della Salerno ante ‘93 e quella degli anni a venire sullo stile del vecchio Intervallo della Rai. Solo la musica cambia: non le variazioni Goldberg di Bach ma una musica più moderna. Ed ecco apparire l’ex cementificio, l’ex scasso di Pastena o la ex Salid in bianco e nero. Poi a colori le immagini della riqualificazione. «Nel ‘93 - ancora De Luca - c’era una città che sembrava nel dopoguerra. Poi con il sudore e la fatica l’abbiamo resa meravigliosa». Poi con una freccia intinta nel curaro attacca: «Noi il cementificio l’abbiamo demolito in un anno e mezzo. Quando hanno chiuso Bagnoli. Ma Bagnoli è ancora lì e chissà per quando». Parla a braccio, quasi un’ora, dopo Enzo Napoli che usa toni più bassi leggendo il suo discorso in cui Enzo o De Luca entrano di continuo. Come «simbolo di concretezza amministrativa», «come modello», «come capacità», «come contributo di idee», «come esempio del fare» e «come cemento politico tra un leader come lui e Renzi al governo». Avvertendo, anche lui, come «la battaglia è dura perché non ci vuole molto a recedere verso il passato». Autoassist che serve a Napoli anche avvertire come «sta passando un treno che non passerà più: Renzi al governo, De Luca alla Regione. E - aggiunge - l’Italia ci guarda perché siamo avvertiti come la città che cambia: serve un forte consenso. Non per leggere la storia ma per farla, come fatto sino ad oggi grazie a De Luca». Applausi. Ancora più applausi quando sul palco sale De Luca che fa notare come qualcosa è cambiato. In termini di sicurezza. «Sabato sera, ho visto davanti al Comune un gruppo di albanesi o romeni ubriachi. Ho chiamato il questore e ho chiesto che arrivassero delle pattuglie. Ma sono giunte dopo mezz’ora. E allora – ha detto De Luca – io ho iniziato a fare quello che ho fatto per venti anni, ovvero la ronda. Non è possibile». Prima l’affondo più duro dopo lo stupro dell’altra sera ai danni di una trentenne da parte di due extracomunitari poi arrestati: «Va bene l’accoglienza ma chi si permette di toccare le nostre donne e le nostre famiglie va buttato fuori da Salerno senza pietà». Poi l’elenco di opere e demolizioni e un’autocitazione che fa venire subito in mente le migliori imitazioni di Maurizio Crozza: «Quando facevo il militare Salerno non esisteva...da Roma in giù ti chiamavano uè Napoli...». E via, giù, con la nuova Salerno. Dalla zona occidentale a quella orientale passando per un megaprogetto di riqualificazione dell’ospedale Ruggi: «Trovare 200 milioni (per demolirlo e ricostruirlo, ndr) e farne il San Raffaele del Sud». Poi il sassolino nella scarpa sui finanziamenti per Salerno: «Quando dico un miliardo per questa città, dico quello che è giusto perché per anni non ci hanno dato i soldi che ci spettavano». Avvertendo anche il suo popolo, i fedelissimi quando si tratterà di formare la prossima giunta: «Se qualcuno pensa ai mercati degli assessorati, può andare a casa. Il sindaco sceglierà in tutta autonomia la sua squadra. Proprio come feci io. Dobbiamo liberarci, anche al nostro interno, di qualche elemento di parassitismo, c’è anche qualcuno che si è abituato a vivere come se fosse vincitore di concorso». In ultimo l’appello al voto finale: «Si pare ora una pagina delicata questa volta: convincere gli astensionisti, recuperare i voti uno ad uno. Perché quando dico che occorre lavorare per i nostri figli non è una espressione banale». 
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