Lo strazio del fratello di Anzola
«Fuori strada chi accusa Silvio»

Lo strazio del fratello di Anzola «Fuori strada chi accusa Silvio»
di Adolfo Pappalardo
Domenica 21 Agosto 2016, 13:59
3 Minuti di Lettura
Inviato a Palinuro

«Erano tre sub espertissimi. Chi parla di azzardo è fuori strada», dice rabbioso Gianpaolo Anzola il fratello di una delle tre vittime, il manager milanese Silvio. È partito dal Nord in nottata per piombare a Palinuro. Non vorrebbe parlare con i giornalisti ma no, no, non gli va che passi l’idea che suo fratello 56enne non era un esperto di immersione o, peggio, abbia messo lui in pericolo, e poi portato alla morte, gli altri due. «Si immergeva da anni - continua - e da tre lustri in queste zone. Sempre con la massima cautela e senza andare incontro al rischio». O altrimenti, verrebbe da pensare oggi con il senno di poi, non avrebbe invogliato e caldeggiato la stessa passione per la figlia Flo che proprio qualche giorno fa aveva ricevuto il battesimo del mare nelle stesse acque. E oggi, invece, e’ con la madre ad aspettare che le riportino su il corpo del padre si sfoga su social: «Papà, ovunque tu sia - scrive - vorrei che tornassi da me, mi manchi troppo».

Passione maledetta ma affascinante. Lo sanno bene anche i congiunti di questi tre sub. Gli anziani genitori dei due Mauro, rimasti rintanati nelle loro case di Palinuro per arginare il dolore. Mentre i compagni di immersione del Diving di Cammardella si aggirano sul porto e stramaledicono la macchina dei soccorsi. «Ancora a fare la sagolatura della grotta. Sono passati due giorni eppure il posto dove sono intrappolati lo conosciamo. Che aspettano? Che se li mangino i pesci?», dice Mauro Fedullo, sceso giù a cercare di portare aiuto ai compagni quasi subito. Individuandoli. Ma poi, come è giusto che sia, la macchina dei soccorsi ha estromesso i sub della zona per operare secondo protocolli di sicurezza più rigidi. Ma comunque sono polemiche. 

Compreso chi oggi si chiede se i tre non abbiano chiesto troppo ai loro fisici magari sfidando la natura e andando incontro alla morte senza rendersene conto. Magari addirittura vietare le discese come chiedono i Verdi. «Ma non scherziamo. Le immersioni sono pericolose? Certo come le scalate per chi fa alpinismo o i voli in deltaplano», dice Mario Enrico, cugino di Cammardella e vicesindaco di Centola-Palinuro. E aggiunge: «Uno sport, anzi una passione affascinante anche se rischiosa a volte. Ma Mauro era un sub esperto che conosceva a menadito questi luoghi. E, soprattutto, non si sarebbe mai messo in una situazione di pericolo ne per se’ ne’ suoi compagni». 

Mentre nel paese, strapieno per l’ultimo week end vacanziero di agosto e dove è impossibile trovare anche una stanza d’albergo, tutto sembra andare avanti. Lavorano i barcaioli, gli affitta barche al porto e pure il negozio della moglie di Cammardella in piazza, è aperto.

Ma nei bar, nelle piazze, per strada non si parla di altro, e la domanda è sempre la stessa: perché è successo a tre sub così esperti?

«Quei fondali sono maledetti - dice Gerarda Forte, titolare di un ristorante a pochi metri dal mare - ogni volta ci troviamo a piangere qualcuno. È come se la natura si ribellasse alle sfide dell’uomo». «Conoscevo Mauro Cammardella e Mauro Trancredi - prosegue la donna - erano delle persone eccezionali e conoscevano il mare. È terribile pensare a quanto sta accadendo». Ma e’ accaduto. Ancora una volta purtroppo.
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