Francesca uccisa dal bus nel Campus. I genitori: noi mai stati tutelati

Francesca uccisa dal bus nel Campus. I genitori: noi mai stati tutelati
di Petronilla Carillo e Barbara Landi
Giovedì 23 Marzo 2017, 08:00 - Ultimo agg. 09:22
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«Pur volendo ritenere che la Bilotti fosse stata poco prudente nell’attraversare un’area destinata al transito e alle manovre dei pullman, non servendosi degli spazi riservati ai pedoni, detto profilo di colpa, in una valutazione complessiva degli elementi acquisiti, non può in alcun modo assumere valore assorbente sminuendo affievolendo il grado di colpa del Bottiglieri che è e rimane pur sempre connotato da particolare gravità». È quanto scrivono i giudici della Corte d’Appello (presidente Francesco Verdoliva, consigliere Silvana Clemente, relatore Mariella Ianniciello) nelle motivazioni alla sentenza con la quale hanno ridotto la pena a Pietro Bottiglieri (difeso dall’avvocato Felice Lentini) accusato della morte di Francesca Biliotti, la studentessa investita e uccisa dal bus della Sita guidato dall’imputato dinanzi al piazzale dell’Università il 24 novembre del 2014. La famiglia della vittima, ricordiamo, è rappresentata in giudizio dall’avvocato Michele Tedesco.

I genitori di Francesca non vogliono commentare queste considerazioni dei giudici ma sono arrabbiati, come non mai. «Non ci siamo mai sentiti tutelati, soprattutto da chi doveva occuparsi della nostra difesa», commentano. «L’autista dovrebbe rimanere in carcere - insiste papà Nicola - La sentenza sottolinea che ha avuto ben tre momenti di vedere Francesca prima di avviarsi con l’autobus, sia dal finestrino che dallo specchietto retrovisore. Se avessero disposto il concorso di colpa, sarebbe stato come ammazzare per la seconda volta nostra figlia. Un uomo di 60 anni, con 40 anni di attività alle spalle, non avrebbe mai dovuto chiedere il concorso. Anche io sono autista di professione, io so cosa ha fatto e anche lui ne è consapevole». Quindi: «È partito senza guardare, era girato dall’altra parte. La rabbia è enorme, troppa. Se lui, invece di difendersi, avesse raccontato la verità, noi non ci saremmo costituiti neanche parte civile. Ha cambiato tre avvocati e l’ultimo difensore ha sostenuto che il suo cliente fosse rimasto talmente scioccato tanto da essere costretto ad andare in pensione. La verità è che ha lasciato il suo posto in Sita al figlio. Sono pochi tre anni. Ciò che non sopporto è che il giudice che doveva difendenderci in appello abbia esordito dicendo che qui si deve fare giustizia e non giustizialismo. Forse non era la loro figlia. Quel giudice avrebbe dovuto fare i nostri interessi. Quell’uomo ha distrutto due famiglie». «L’assassino e il difensore sono vergognosi, arroganti. Siamo troppo arrabbiati. Il pg che si occupava della nostra difesa nel processo di appello si dovrebbe vergognare. Dopo un omicidio, anche il regalo di Sita Sud al figlio. Si sono arrampicati sugli specchi fino all’ultimo. Irrispettosi. Quell’assassino ha anche osato guardarmi negli occhi senza abbassare lo sguardo. Come potrà alzarsi la mattina e guardarsi ancora allo specchio?».
 
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