6 grandi bugie sul nostro cervello

6 grandi bugie sul nostro cervello
Sabato 19 Novembre 2016, 13:39 - Ultimo agg. 13:42
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Ci sono un mucchio di luoghi comuni e dicerie sul cervello umano. La prima? Riguarda il suo colore. Diciamocelo chiaramente, "dal vivo" non è il massimo da vedere: immerso nella formaldeide dei laboratori, assume un aspetto grigiastro, tendente al giallo (non molto dissimile da questo corallo-cervello, chiamato così perché lo ricorda da vicino). Ma finché è in vita, il cervello mostra anche altri colori: rosso-rosato, per la presenza dei vasi sanguigni che lo irrorano; bianco, per la cosiddetta sostanza bianca, che comprende i fasci di fibre nervose che connettono le centinaia di miliardi di neuroni presenti al suo interno; e nero, nella substantia nigra, una formazione neuronale di colore scuro implicata in alcune funzioni motorie. C'è naturalmente anche il grigio della materia grigia, l'insieme dei corpi di neuroni: ma il nome serve più che altro a differenziarla dal colore chiaro della sostanza

La seconda bugia è che ne usiamo solo una piccola parte. Il cervello è un organo dispendioso dal punto di vista energetico ed evolutivo: non avrebbe senso avere un tale surplus di cellule nervose inutilizzate. Il falso mito ha origine nelle dichiarazioni dello scrittore e psicologo americano William James, secondo il quale sfruttiamo solo una piccola parte delle nostre risorse mentali. Le tecniche di imaging cerebrale lo hanno smentito, mostrando che gran parte del cervello è coinvolta anche durante le attività più semplici, come dormire. La percentuale ha senso solo se si pensa alla natura delle cellule del cervello, costituite per il 90% da cellule gliali, con la funzione di nutrimento, a supporto di un 10% di neuroni.| 

La terza bugia riguarda il peso. Il cervello umano pesa in media 1360 grammi, più o meno quanto quello di un delfino (considerato peraltro un animale intelligente). Quello di un capodoglio - meno brillante dei delfini - arriva a 7800 grammi, quello di un orango ad appena 370 grammi. Come si nota, non sono le dimensioni assolute del cervello a determinare l'intelligenza del suo "proprietario"; piuttosto, è il rapporto delle sue dimensioni con il resto del corpo. Per gli uomini, questa relazione è di circa 1:50. Per gli altri mammiferi, è in media 1:180, e negli uccelli è di 1:220.   


La quarta è quella in base alla quale sotto pressione il cervello lavorerebbe meglio. Falso. Vi sarà capitato di pensarlo dopo aver portato a termine con successo una scadenza che sembrava insormontabile. Ma il fatto di essere riusciti nell'impresa non significa aver svolto un lavoro di qualità. Lo stress è un pungolo efficace che spinge ad accelerare i tempi e a smettere di procrastinare. Ma gli ormoni rilasciati nei momenti frenetici sono efficaci solo in brevi situazioni di emergenza: alla lunga, finiscono con l'interferire con l'abilità del cervello di assimilare conoscenza. Sotto pressione è più facile compiere errori di omissione e portare a termine il compito in modo sbrigativo. Senza contare che le grandi idee arrivano quando la mente è lasciata libera di divagare. 

Il quinto luogo comune è che l'emisfero sinistro è uguale a ordine mengre il destro alla cratività. Non è proprio così. Il mito affonda le sue radici nelle prime osservazioni degli effetti di lesioni cerebrali effettuate nell''800, quando si scoprì che un danno in uno o nell'altro emisfero causava la perdita di specifiche abilità. Ma studi successivi e le moderne tecniche di imaging cerebrale hanno dimostrato che emisfero sinistro e destro sono fortemente interconnessi, e che sia i compiti strategici, verbali e matematici, sia quelli creativi e relativi all'immaginazione implicano attività in tutto il cervello, non solo in una delle due parti.
   

L'ultima bugia? Se si lesiona è per sempre. Il termine "lesione cerebrale" fa subito pensare a forme di disabilità permanenti e a danni irreversibili, ma fortunatamente non è sempre così. Esistono danni cerebrali di minore entità, e per definizione transitori, come la commozione cerebrale, da cui il cervello di riprende in modo rapido. Quest'ultima consiste in una perdita di coscienza di breve durata dovuta in genere a un trauma cranico e non porta a danni cerebrali permanenti. La plasticità cerebrale, cioè la capacità del cervello di costruire nuove sinapsi e trovare nuovi percorsi per compiere determinate azioni, laddove i vecchi siano stati compromessi, consente spesso un parziale recupero anche da lesioni cerebrali più serie, ma localizzate. Favorire lo sviluppo di queste nuove strategie cognitive è il compito della riabilitazione neuropsicologica.
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