Diletta Leotta e Belen
prigioniere dei cyberbulli

Diletta Leotta e Belen prigioniere dei cyberbulli
di Francesco Lo Dico
Giovedì 22 Settembre 2016, 08:25 - Ultimo agg. 17:06
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«La vita in Diletta», lo hanno definito in un lampo di perfidia alcuni titolisti. Ma nella proditoria effrazione alla privacy della Leotta, catapultata d'un balzo nella macchina del fango per il tramite di alcune pose discinte carpite dal suo iPhone, c'è ben poco di dilettevole. Dai video intimi di Belen ai ricatti alla Canalis, dalla shooting mass di molte dive hollywoodiane impallinate sul web nei momenti più intimi, ai nomi di Parietti e Lecciso che sui motori di ricerca sono ormai scorciatoie a centinaia di siti porno, sono decine i corpi di piccoli e grandi dive triturati dalle fauci del web.
È ancora intrappolato nella rete, a distanza di anni, il video hard di Belen Rodriguez, a quel tempo ancora acerba e forse anche minorenne. È ancora on line, nonostante fu immesso in rete, nell'ambito di un ricatto ordito nei confronti della showgirl argentina, dal suo ex Tobias Blanco «Una storia di quando erano ragazzini - ha raccontato l'ex compagno di lei Fabrizio Corona - e stavano in Argentina, lui ha visto che lei era diventata iper-famosa e si è permesso di venire in Italia. Lui aveva chiesto intorno ai 150-200 mila euro, rovinando la vita di una persona». «Per me una vergogna assoluta - ha commentato Belen - per mesi non sono uscita da casa. Mi sono sentita violentata».
Medesima violenza ha subito di recente Tigerlily, una famosa dj australiana balzate alle cronache mondane per la sua love story con Fedez. A maggio di quest'anno qualcuno ha trafugato dal suo telefonino un video in cui era completamente nuda e l'ha subito immesso on line. A rendere più succulento il bottino, il lavoro di alcuni esperti, che hanno eliminato dalla clip le emoji che coprivano le parti intime della ragazza. Un «crimine a sfondo sessuale», e un gesto misogino e sessista, lo ha definito la giovane sul suo profilo Facebook.

A fare da apripista a questo genere di imprese, fu però una beffa nella beffa, messa in atto Oltreoceano negli anni 90. Protagonista ne fu la celebre bagnina di Baywatch Pamela Anderson, insieme al marito Tommy Lee. La coppia denunciò il furto di un filmino hard domestico, girato la prima notte di nozze, che poi spopolò in rete. Salvo poi scoprire, che i ladri di intimità erano stati loro stessi. Si trattava di un'operazione commerciale studiata nei minimi dettagli. La società Ieg mostrò il contratto firmato dai due protagonisti di «Pam & Tommy Lee: hardcore and uncensored», tra le rimostranze dei giudici che avevano abboccato alla storiella lacrimevole. Veleni e furberie, che ancora oggi non smettono, come nel caso della Cantone, di destare dietrologie di ogni tipo, di fronte a ogni nuova violazione.

Squallide logiche di profitto presiedono anche alle migliaia di link che rimandano a siti porno, ogni volta che digitiamo il nome di Alba Parietti, Lory Del Santo e Loredana Lecciso. Indirizzi che rimandano a immaginarie filmografie porno delle tre showgirl, che si sono risolute a fare denuncia per rivendicare il diritto a un utilizzo corretto della loro immagine sul web. Una querela che mette a nudo un intero sistema, che su parole chiave di nomi e cognomi, come quello di Tiziana Cantone, macina denari, visite e inserzioni.

Accolto da tweet di giubilo, anche il nome di chi, tra le pareti domestiche, un filmino privato lo realizzò davvero. Odiata e amata, finì crocifissa sul web anche l'ereditiera Paris Hilton. Regina di gossip e scandali, antipatica e svenevole, non fu difesa da nessuno in nome di falsi alibi sessiti. Il video che la ritrae all'opera con il suo ex fidanzato Rick Salomon, postato in rete nel 2004, è dopo dodici anni ancora sul web.

Dietro l'arte predatoria del web, si nasconde un'industria seriale. Una fucina di segreti violati, che vede all'opera una variopinta manovalanza: hacker, assistenti, esperti blogger, che spendono ore nel tentativo di infiltrarsi negli account delle celebrities, particolarmente a rischio da quando imperversano i cosiddetti cloud. Le celebri nuvolette, nelle quali ciascuno di noi deposita spesso a sua insaputa copie di foto e filmati, sono state al centro del furto perpetrato ai danni della Leotta. Ma il fenomeno esplose già in tutta la sua pericolosità nel 2014, ai danni di centinaia di dive americane e non. Nel giro di ventiquattro ore, gli hacker diffusero in rete immagini privatissime che gettarono fango su Bar Rafaeli, Jennifer Lawrence, Rihanna, Jennifer Lopez, Kim Kardashian e chi più ne ha più ne metta. A caccia di codici e password, anche i blogger che nel 2010 riuscirono a penetrare nell'account di Elisabetta Canalis. Fu la stessa ex velina a denunciare l'accaduto: le immagini rubate furono proposte a riviste di gossip al costo di 120mila euro. Non andò a segno neppure il colpaccio ai danni della famigerata Ruby Rubacuori. Il suo filmino hard finì sul tavolo di Corona che allora decise di non immetterlo in rete. «Una performance degna di Cicciolina e Moana Pozzi», assicurò il fotografo. Che avrebbe aggiunto ludibrio e dannazione eterni, a una figura come quella della marocchina, allora indubbiamente sensibile anche sul piano politico.

Sull'altare del web, non ci sono però soltanto donne. A finire in rete furono anche i filmini hard dell'attore Colin Farrell, e quello di Hulk Hogan, girato con l'ex moglie del suo migliore amico. On line, tra scatti e ricatti anche le celebrities del calcio: Lavezzi, scagliato in rete in pose hot insieme alla fidanzata Yanina, Osvaldo, i cui nudi integrali hanno fatto il giro del web, e Ronaldinho.

Leotta, Rodriguez, Parietti: sono ormai troppe le vittime sacrificali di un grande rito collettivo, che in nome delle declamate libertà costituzionalizzate dalla rete, ma promulgate soltanto da sordide ragioni di business, ha consentito a lestofanti, accattoni e perdigiorno, di fare a pezzi le vite degli altri. Spesso impunemente, grazie alle connivenze di un sistema opaco e sfuggente dove ciascuno si sente in dovere di violare la dignità altrui. C'entrano poco la fama o il pubblico interesse, nelle dinamiche auto-assolutorie che il web mette in atto a tutela della gogna. La celebrità è semmai un discrimine, che ci consente di cogliere con maggiore forza quel confine, lasciato ormai senza presidio, tra popolarità e privatezza. Un confine sul quale, per diverse ore al giorno, transitiamo anche noi.