Michele, l'ex detenuto «apre» le porte del manicomio di Napoli

Michele, l'ex detenuto «apre» le porte del manicomio di Napoli
di Maria Pirro
Venerdì 15 Marzo 2019, 09:30 - Ultimo agg. 17:03
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«È sempre bello tornare qui. Da uomo libero», sorride Michele Fragna, 54 anni, dal 1989 fino al 1994 rinchiuso nell'ospedale psichiatrico giudiziario in via Imbriani, e la sua storia di libertà s'intreccia con la rinascita di questo luogo occupato dopo la dismissione e riqualificato da ragazzi come Matteo Giardiello che a mezzogiorno, puntuale, apre il portone perché l'ex internato possa mostrare l'orrore e la speranza.

«Forza Michele, ce la puoi fare, resisti, resisti, resisto anche io... Non devo scoppiare...»: è una pagina del diario che il 54enne ha compilato allora, e oggi si trova di fronte alla sua cella, blindata e vuota. «Mi ha aiutato scrivere, declamare Amleto e, soprattutto, avere una famiglia: se non ne hai una è praticamente impossibile uscire», dice Fragna, mescolando passato e presente. Michele lavora part-time per il fratello medico, ha due sorelle, fuma le Rothmans bianche, studia Lingue e letterature straniere all'Orientale. Ed è un po' famoso perché già protagonista del documentario Je so' pazzo di Andrea Canova: scoperto grazie alla memoria e all'ostinazione di Franco Maranta che, negli anni Duemila, in qualità di consigliere regionale sottrasse all'oblio anche Vito, recluso per oltre 50 anni, simbolo di una ferita mai sanata e di un «popolo» che Michele definisce di dimenticati.

«Siamo invisibili/ siamo i vostri cattivi pensieri/ siamo i vostri brutti sogni/ siamo, malgrado la vostra indifferenza», recita i suoi versi davanti alla telecamera. E, alla fine del filmato, una voce fuoricampo chiarisce qual è la malattia, esplosa a 22 anni, che ha portato Fragna a uccidere un caro amico. «Ma se ci vediamo fuori vuol dire che sto bene», aggiunge lui al microfono, rileggendo una lettera a una donna.

«In cella m'innamorai di una psicologa» racconta ora. «Fuori, ne ho amata una conosciuta all'igiene mentale di San Giorgio a Cremano che mi ha dato tanto, fino alla morte, avvenuta da poco». Perché «è la vita che chiama», avvisa il cinquantenne in un'altra sua lirica, e «la mia mano destra è buona/ elabora sempre buoni propositi / si occupa di spagnolo e d'inglese/ è una mano socievole con cui è facile andare d'accordo...». Esempio di come si può essere felici dopo tutto, e restituire al mondo una Luce, che è poi il titolo di una sua raccolta di componimenti. Sotto un albero di mimose piantato nel giardino, Fragna consegna questa pagina del voler dire e del voler fare: «Sono anch'io la storia.

Anche io...».

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