«Credo che con l'anno prossimo riusciremo a definire completamente questo passo» con cui si punta «alla massima trasparenza delle informazioni al consumatore, a tutelare i produttori e il loro reddito e a rafforzare i rapporti di una filiera strategica per il Made in Italy agroalimentare». E infatti i numeri della filiera grano pasta italiana sono importanti, con un valore della produzione che supera i 4,6 miliardi di euro ed un valore dell'export che si aggira sui 2 miliardi di euro. In particolare il nostro Paese produce circa 4 milioni di tonnellate di grano duro ed è il principale produttore mondiale di pasta con 3,4 milioni di tonnellate. «Il provvedimento, che risponde ad una crescente esigenza di trasparenza e informazione verso il consumatore, consentirà - ha sottolineato il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda - di fare maggiore chiarezza sull'origine del grano e delle semole che caratterizzano la qualità della pasta Made in Italy, nell'ottica di rafforzare la filiera produttiva e competere con la concorrenza straniera».
Per il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo «l'etichettatura di origine obbligatoria per il grano usato per produrre la pasta risponde all'esigenza di smascherare l'inganno del prodotto estero spacciato per italiano, in una situazione in cui un pacco di pasta su tre contiene grano straniero senza che i consumatori possano saperlo».
Una nota critica arriva però dai pastai italiani di Aidepi che, pur dichiarandosi favorevoli all'indicazione di origine, sostengono che «la formula scelta dal governo non ha alcun valore aggiunto per il consumatore». Secondo Riccardo Felicetti, Presidente dei pastai di Aidepi, «l'origine da sola non è infatti sinonimo di qualità. Inoltre non incentiva gli agricoltori italiani a investire per produrre grano di qualità con gli standard richiesti dai pastai». Il decreto inviato a Bruxelles in particolare prevede l'obbligo per le confezioni di pasta secca prodotte in Italia di indicare in etichetta il nome del paese nel quale il grano viene coltivato e il nome del paese in cui il grano è stato macinato. Se queste fasi avvengono nel territorio di più paesi si può utilizzare le seguenti diciture: paesi UE, paesi NON UE, paesi UE E NON UE. Se invece il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo paese, ad esempio l'Italia, si potrà usare la dicitura: «Italia e altri Paesi UE e/o non UE».