Intervista a Filomena Puntillo:
«Stop al dolore, cura senza farmaci»

Intervista a Filomena Puntillo: «Stop al dolore, cura senza farmaci»
Lunedì 13 Giugno 2022, 00:00
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Si sente spesso parlare di terapia del dolore, ma altrettanto spesso si pensa che questa riguardi solo le persone colpite da malattie oncologiche. Non è così, soprattutto se si guarda al dolore cronico che è «un fenomeno complesso che coinvolge aspetti biologici, psicologici e sociali», spiega la professoressa Filomena Puntillo, associato di Anestesia, Rianimazione e Terapia del dolore all'Università degli Studi di Bari Aldo Moro.

Alla percezione del dolore partecipano diverse aree della corteccia cerebrale: alcune di queste hanno un ruolo discriminativo, servono a capire, ad esempio, qual è la sede e quali sono le caratteristiche del dolore, altre invece sono cognitive ed emozionali. «Al dolore cronico concorrono anche fattori psicologici e sociali e poi lo stesso dolore avrà delle ricadute nel campo biologico, psicologico e sociale». Le cause più frequenti di dolore cronico sono la lombalgia, la cervicoalgia e l'emicrania. Puntillo chiarisce poi che nel paziente con dolore cronico tutto il sistema che trasmette il dolore si modifica, sia in termini funzionali perché trasporta un maggior numero di impulsi dolorifici in un determinato arco temporale, sia in termini strutturali.

Ad esempio, si ha una riduzione dello spessore della corteccia cerebrale in determinate aree e quindi ha origine una vera e propria malattia. In Italia, per il dolore cronico, tutto è cambiato grazie alla legge 38 del 2010, che tra l'altro ha anche sancito il diritto del cittadino all'accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative. Riconoscere il dolore cronico come malattia ha significato anche riconoscere il diritto ad un trattamento mirato.

Particolarmente efficace è la neuromodulazione, che serve appunto a modulare l'attività delle cellule nervose e quindi la trasmissione degli impulsi dolorifici e viene fatta con farmaci o con stimoli elettrici, nel qual caso si parla di neuromodulazione elettrica o neurostimolazione. «Gli impulsi elettrici indotti dalla neurostimolazione - aggiunge Puntillo - servono ad interrompere la scarica delle fibre nervose riportandole ad una attività più moderata. Il 50% dei pazienti con dolore neuropatico non risponde al trattamento farmacologico ed è soprattutto a loro che sono rivolte le tecniche di neuromodulazione elettrica. Queste tecniche permettono infatti di ridurre l'utilizzo dei farmaci, in particolare oppiacei, e permettono un miglioramento della qualità di vita». Oggi è possibile personalizzare il trattamento di neurostimolazione scegliendo il giusto pattern di stimolazione per il singolo paziente.

Ovviamente esistono diversi tipi di neuromodulazione elettrica, alcune più invasive di altre, a seconda livello d'azione necessario. Le principali società scientifiche e il comitato per l'appropriatezza della neurostimolazione valutano periodicamente l'efficacia delle tecniche di neurostimolazione per poter definire il livello di raccomandazione al loro utilizzo. Sono poi professionisti a mettere in campo passione e professionalità. «Ciò che mi spinge ad impegnarmi ogni giorno nel mio lavoro è il desiderio di poter aiutare i pazienti e la speranza di poter rappresentare un role model professionale per i miei figli e per almeno qualcuno dei miei studenti o specializzandi», conclude la professoressa. 

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