Meryl Streep: «Agli Oscar il film di Rosi può vincere, lo sosterrò»

Meryl Streep: «Agli Oscar il film di Rosi può vincere, lo sosterrò»
di Oscar Cosulich
Venerdì 21 Ottobre 2016, 16:26
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Quando Meryl Streep entra in sala è sempre accolta da un festoso boato di approvazione. Poco conta che ad attenderla ci siano i giornalisti, che dovrebbero domandarle della sua esperienza come protagonista di «Florence Foster Jenkins», il nuovo film di Stephen Frears presentato ieri nella selezione ufficiale della Festa del Cinema e che sarà in sala dal 22 dicembre distribuito da Lucky Red, o il pubblico, intervenuto per assistere al suo colloquio con Antonio Monda, dove ha rivelato la sua passione per le attrici italiane e «su tutte Silvana Mangano che ho iniziato a studiare quando ho interpretato l'italiana Francesca Johnson nei Ponti di Madison County»: l'amore dell'Italia per la diva dalle 19 candidature e 3 vittorie agli Oscar è incommensurabile. Da parte sua l'attrice contraccambia concedendosi divertita, quando serve nascondendosi dietro il jet lag, ma dimostrando di saper tenere in pugno ogni tipo di pubblico.

Inevitabile, viste le polemiche che nel nostro paese hanno accompagnato la candidatura italiana di «Fuocoammare» per la corsa agli Oscar, chiederle se lei, artefice della vittoria di Gianfranco Rosi al Festival di Berlino, pensi che il film abbia davvero delle possibilità a Los Angeles. Streep si mostra sicura: «Se c'è una cosa di cui sono orgogliosa è il fatto che la nostra giuria a Berlino abbia deciso all'unanimità di premiare con l'Orso d'Oro Fuocoammare», dice l'attrice, «non era scontato far vincere un documentario, ma Rosi ha realizzato un'opera unica. È importante che il film sia stato candidato dall'Italia: negli Stati Uniti il problema della migrazione è una statistica sui giornali, questi fatti ci toccano solo quando, invece di numeri, vediamo un bambino salvato dal mare». Dunque? «Rosi è riuscito a raccontare la meravigliosa storia di un ragazzo e quella di un medico di Lampedusa, intrecciandole con l'orrore degli sbarchi, in questo modo ci ha fatto entrare nella tragedia, ma ci ha anche mostrato come uscirne. Una scelta fondamentale perché sappiamo identificare il male, ma non riusciamo a venirne fuori in modo umano. Credo che Fuocoammare abbia ottime chance di arrivare alla nomination e da parte mia continuerò a sostenerlo».

Streep ha anche parlato del film che ha presentato a Roma, ispirato alla vera storia della miliardaria newyorchese famosa perché, pur completamente stonata, si esibiva come soprano, arrivando a tenere un concerto al Carnegie Hall. Dopo aver premesso di non aver visto «Marguerite», il film di Xavier Giannoli sulla stessa vicenda, «perché noi abbiamo cominciato a lavorare al nostro prima di loro», Streep spiega di essersi preparata con «un insegnante del Metropolitan, per cantare nel modo migliore possibile, prima di imparare a stonare nelle ultime due settimane di prove». «Quando ho visto che il maestro rideva come un matto ho capito che ero riuscita nel mio compito conclude l'attrice sono convinta che Florence, nella propria testa, si sentisse intonata. Del resto ricordo di aver visto Gershwin suonare al piano canticchiando l'accompagnamento: stiamo parlando di un compositore di livello eccelso, eppure era completamente stonato, anche se certamente conosceva le note giuste. Credo che a Florence succedesse la stessa cosa».

Meryl Streep non si è mai tirata indietro nel campo dell'impegno politico così, quando le si chiede delle prossime elezioni americane, è tranchant: «Non credo di dovermi pronunciare ancora sul sessismo di Trump. Lui sta facendo un ottimo lavoro contro se stesso: la buona notizia è che tra una ventina di giorni avremo Hillary Clinton presidente degli Stati Uniti e finalmente di Trump non si parlerà più». Streep, a differenze di tanti colleghi, non è attratta dalla regia, «anche se alcuni dei registi con cui ho lavorato dicono che l'ho già fatto», ironizza lei. «Ammiro le persone che recitano e dirigono spiega l'attrice - ma io preferisco la soggettività della recitazione. Recitare per me non è un lavoro, è un piacere colpevole», conclude Streep, «una forma di curiosità che sento fin da bambina. Allora mi chiedevo come sarebbe stato essere mia nonna: così la imitavo, mi truccavo per invecchiarmi. Quando immagini e vivi il dolore, o la gioia, di un personaggio, impari qualcosa anche su te stesso: c'è un po' di egoismo in tutto questo».

Sicuramente non è egoista l'attrice quando, a chi le chiede se oggi vede un'interprete che possa fare una carriera analoga alla sua, dopo aver premesso «credo di aver aperto la strada alle attrici che vogliono continuare a recitare dopo aver compiuto 40 anni. Ai miei tempi quello era il limite estremo, mentre ora ci sono molte più opportunità», dichiara a sorpresa: «Ci sono tante giovani attrici molto brave, ma qui voglio fare un solo nome: ammiro Alba Rohrwacher, perché lei è speciale».