Clint Eastwood a Cannes:
«Ancora un western? Mai dire mai»

Clint Eastwood a Cannes: «Ancora un western? Mai dire mai»
di Titta Fiore
Domenica 21 Maggio 2017, 10:37 - Ultimo agg. 10:45
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Alle cinque della sera il sole picchia ancora forte, ma davanti al Palazzo del cinema la coda è chilometrica. Gran parte degli accreditati al Festival sta lì, in paziente attesa, decisa a vedere, venticinque anni dopo, «Gli spietati» di Clint Eastwood nello splendore del restauro digitale. O meglio, a vedere «Gli spietati» di Clint Eastwood insieme con Clint Eastwood. Il particolare che fa la differenza non sfugge al diretto interessato.

«Di solito non ama guardarsi sullo schermo, ma oggi farà un'eccezione perché sa quanto ci teniamo, noi e voi» dice il direttore Fremaux. E l'intera sala Debussy, che di lì a qualche ora sarebbe stata evacuata per un allarme sicurezza durato una decina di minuti e dovuto, pare, al ritrovamento di uno zaino abbandonato, si alza in piedi facendo ala al passaggio del grande vecchio di Hollywood, applaudendo, fischiettando il leit motiv di uno dei suoi film più famosi, «Il buono, il brutto, il cattivo», riprendendolo con i cellulari mentre sale agile sul palco per un breve incontro con il pubblico. Oggi si concederà molto più a lungo agli appassionati del suo cinema potente e classico in un'attesissima masterclass e racconterà le tappe di una straordinaria carriera che lo ha portato dagli spaghetti western ai vertici della settima arte, ma il suo carisma è tale da trasformare anche una fugace apparizione in un evento mediatico capace di oscurare ogni altro rendez-vous con le star del tappeto rosso.


A Cannes il leggendario Clint è di casa, negli anni è venuto in concorso, ha vinto premi, è stato presidente di giuria e ospite d'onore. Ogni volta è una festa. Ormai, lo dice spesso, considera la Francia la sua seconda patria e conserva la Legion d'Onore tra le cose più care.


«Mi ha detto che dopo la strage del Bataclan la mostra spesso, e sempre quando si trova a Parigi», spiega Fremaux.
Quattro Oscar collocano «Gli spietati» tra i capolavori di tutti i tempi e tra i cento film conservati a futura memoria nella biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. «Quando ho avuto tra le mani la sceneggiatura mi sono detto che sarebbe stato il mio ultimo western, e in effetti finora è andata così», ricorda Eastwood. «Ma sarà davvero l'ultimo? Chi può dirlo, staremo a vedere... In ogni caso mi sembra di averlo girato appena ieri, venticinque anni sono passati in un soffio». Alla fine di maggio ne compirà 87, miracolosamente portati, e non ha alcuna voglia di considerarsi in pensione. Anzi, dopo «Sully», il magnifico film del 2016 sul pilota d'aereo che salvò centinaia di passeggeri ammarando sul fiume Hudson, ha già annunciato un nuovo progetto, ispirato ancora una volta a un fatto di cronaca: l'atto di coraggio di tre giovani americani che sventarono un attacco terroristico sul treno Parigi-Amsterdam, due estati fa. La storia di questi eroi per caso (Anthony Sadler, Alek Skarlatos e Spencer Stone riuscirono a disarmare in extremis l'attentatore evintando una strage), è finita nel libro «The 15:17 to Paris» e così dovrebbe intitolarsi anche il film. Ancora misterioso il cast, a meno che Clint non decida di comunicarlo oggi, durante la lezione di cinema, approfittando della platea mondiale di Cannes, con abile mossa da cineasta-produttore e da stratega del marketing.
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