«Convivere con il terrore
la nostra guerra quotidiana»

«Convivere con il terrore la nostra guerra quotidiana»
di Titta Fiore - Inviato a Cannes
Sabato 27 Maggio 2017, 08:56
3 Minuti di Lettura
Non basta calarsi nel peggiore degli incubi contemporanei - la terza guerra mondiale a pezzi, come la chiama Papa Francesco - o giocare la carta del sexual-thriller per garantirsi un posto al sole del palmarès. Ci provano Fatih Akin, il regista turco-tedesco di «In the Fade», e il beniamino di Francia Francois Ozon con «L'amant double». Il primo non ha convinto del tutto, ma ha avuto la sua dose di applausi, non foss'altro per la nobiltà del tema, il secondo non ha convinto per niente dividendo la platea dei critici e del pubblico. Come andrà lo sapremo domani, quando Pedro Almodovar leggerà il verdetto della sua giuria, ma certo non è passata inosservata la prova di Diane Kruger nei panni di Katja, sopravvissuta nel film di Akin a un attentato in cui perdono la vita il marito e il figlio bambino. La polizia di Amburgo pensa a un regolamento di conti della mafia turca, la vedova disperata trascina in tribunale un gruppo di neonazisti. Inutilmente: gli imputati sono assolti, alla donna che ha perso tutto resta l'idea lancinante e folle della vendetta personale. «Girare la storia in sequenza cronologica, dopo averla preparata a lungo nella comunità turca, mi ha aiutato a calarmi nei suoi panni» dice la Kruger. Accantonato per uso e abuso di glamour l'aplomb da supermodella, nel ruolo intenso di Katja l'attrice si candida al premio per l'interpretazione. «Leggendo il copione la sentivo diversa, ma piano piano sono diventata lei. Di questi tempi può succedere a tutti di trovarsi al suo posto. E se fosse capitato a me, mi sono chiesta. Ecco perché non la giudico, Katja oggi è ciascuno di noi».

Nato e cresciuto in Germania da genitori immigrati, il regista di «La sposa turca» e «Soul Kitchen» ha visto cambiare l'Europa dell'inclusione e dell'accoglienza sotto i suoi occhi e confessa di aver dato corpo, nel film passato in concorso, ai suoi peggiori incubi: «I terroristi sono diventati la nostra ombra, da un momento all'altro potremmo esserne vittime come al Bataclan, a Berlino o a Manchester, ecco a cosa ci ha portato il mondo globalizzato. Ho pensato a questa storia dopo una serie di attentati agli immigrati turchi negli anni scorsi. Eravamo tutti terrorizzati e ci sembrava scandaloso che la polizia indagasse solo nell'ambiente della droga e dei traffici mafiosi, trascurando la pista xenofoba, che poi si rivelò quella giusta. Il film è un viaggio doloroso nel nostro drammatico presente».

Il furbissimo Ozon, invece, dice di essersi rifatto ai maestri Hitchcock e De Palma per girare le scene erotiche del suo «L'amant double». Ma è difficile immaginare che il gelido Hitch potesse aprire un film con inquadratura a vista su una visita ginecologica: capita alla protagonista Marine Vacht, tanto per dichiarare subito dove si andrà a parare. «Volevo si capisse che saremmo andati fin dentro l'interiorità di questa donna» spiega il regista con raro sprezzo del ridicolo. La storia fa interagire a vari livelli erotici una giovane depressa, il suo psicanalista e un misterioso gemello (o un suo doppio); se l'obiettivo era lo scandaletto, non è stato centrato.

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