Ma che ragazzo era Marco D'Amore, l'interprete straordinario del Ciro di Gomorra?
«Ero un ragazzo difficile - spiega - pieno di turbamenti e di passioni. Ho fatto una serie di scemenze, come tutti, poi ho incontrato il cinema che mi ha catturato l'anima».
E qual è stato in quegli anni il suo film preferito?
«C'era una volta il west, Once upon in a time in the west, con mio padre e mio fratello sapevamo tutte le battute a memoria e per anni le abbiamo ripetute», dice sicuro.
L'importante è non fermarsi, insomma, e qui sembra anche parlare di quel Gomorra di cui sta per affrontare la terza serie ma di cui proprio non vuole parlare: «Non bisogna avere mai paura delle cose brutte, bisogna invece guardarle in faccia ed affrontarle per riuscire a superarle». Lui il mondo lo guarda dritto negli occhi - per la gioia delle tante fan assiepate ad aspettarlo - e non ama nemmeno la mediazione dei social network.
«C'è la leggenda metropolitana che parla della sindrome di Paoli, quella secondo cui ci sono alcune persone che se entrano in contatto con la tecnologia generano un corto circuito: ecco io sono così, il contatto con le persone lo preferisco sempre fisico.
Un contatto è parlare, come stiamo facendo ora». E come faranno domani a Giffoni i suoi colleghi del cast di Gomorra per il Gomorra day che vedrà nella cittadella del cinema la presenza di Fabio De Caro, Cristiana Dell'Anna, Cristina Donadio, Salvatore Esposito e Marco Palvetti.