D'Amore a Taormina: «Io, da Gomorra a disabile rapinatore e a Mamet»

D'Amore a Taormina: «Io, da Gomorra a disabile rapinatore e a Mamet»
Sabato 2 Luglio 2016, 20:00
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TAORMINA - Mentre arrivano già i primi avvistamenti delle riprese nel centro di Napoli di Gomorra 3 (svolte nella trama ancora top secret), uno dei due mattatori, Marco D'Amore, è arrivato a Taormina per ricevere Un Nastro speciale del Sngci per l'impegno sui temi sociali. A farglielo guadagnare è stato «Un posto sicuro», il film del quale è coproduttore, cosceneggiatore e protagonista, uscito in questa stagione, sul dramma dell'amianto e della distruzione, anche emotiva, che ha portato.

«Io e il regista Francesco Ghiaccio eravamo pronti a girarlo anche con i telefonini - dice -. Quello del Sngci è un riconoscimento che non mi aspettavo ma che mi riempie di gioia. Va a premiare un film che torna a raccontare la realtà attraverso uno sguardo che si era un po' perso, ma che aveva fatto grandissimo il nostro cinema, da Petri a Rosi. Mi piacerebbe pensare che Un posto sicuro possa stimolare qualche giovane autore a tornare a raccontare certi temi e personaggi». Questo è un Paese, aggiunge «che non coinvolge il cittadino, e anche il cinema, spesso, non stimola il pubblico. Si ha paura che parlare di certi argomenti, scendendo in profondità, possa annoiare. Io ho seguito il film per cinque mesi, assistendo ad oltre 100 proiezioni e la risposta degli spettatori è sempre incredibile, emozionante, riconoscente. Tanti mi dicono sui social che dopo averlo visto sono andati a informarsi di più sull'amianto».

Rispetto invece al grande successo della seconda stagione di Gomorra, ti hanno sorpreso le nuove polemiche? «No, perché parlare di Gomorra fa pubblicità a chi apre bocca. Mi sorprende sempre però che si smuovano delle personalità che dovrebbero occuparsi di ben altro. Poi mi dà tanta noia che si attacchi Roberto Saviano, perché lui nella serie fa una sorta di editing, ma non scrive. Dovrebbero lasciarlo in pace, visto che ha già i suoi problemi, e mostrargli invece un pò di gratitudine per quello che ha fatto». Trovare nuovi stimoli per il personaggio di Ciro «non è difficile, perché nelle sceneggiature c'è sempre una nuova sfida. Il primo Ciro e il secondo sono molto diversi. Il personaggio dalla prima alla seconda stagione è invecchiato tantissimo, a causa del suo continuo rapporto con la morte. Io ho pensato di interpretarlo nella seconda come un 50enne». «Il nostro - dice - non è un mestiere inutile, può far cambiare idee, scoprire coscienze».

Per realizzare «Un posto sicuro», «ho detto no a tanti progetti, mi ha preso un anno e mezzo - spiega -. E anche ora mi sono sono un pò isolato per preparare come regista e coprotagonista, American Buffalo di Mamet, che aprirà la stagione all'Eliseo di Roma. Lo realizzerò in napoletano, tradotto da Maurizio Di Giovanni, quindi siamo proprio sul filo tra fare la figura di m... e la cosa bella». Ha inoltre da poco finito le riprese di Brutti e cattivi, commedia nera di Cosimo Gomez, con Claudio Santamaria, su un gruppo di disabili che diventano rapinatori. «Nel film non c'è pietismo, i personaggi non hanno bisogno di carità. Nel nostro Paese si tende a limitarsi alla compassione rispetto alla disabilità, ma sono persone che hanno bisogno di pensiline e rampe, non di pietà». Santamaria, per D'Amore «è un genio, uno dei più grandi attori con cui ho lavorato, come il panda andrebbe preservato, è un interprete al 100%, può tutto».
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