Festa del Cinema, emozione per il docufilm su Totti. Il regista Infascelli: «La sua vita come una missione»

Festa del Cinema, emozione per il docufilm su Totti. Il regista Infascelli: «La sua vita come una missione»
Festa del Cinema, emozione per il docufilm su Totti. Il regista Infascelli: «La sua vita come una missione»
di Paolo Travisi
Sabato 17 Ottobre 2020, 15:13 - Ultimo agg. 20:36
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Oltre il campo di calcio, oltre Roma e la sua tifoseria, "Mi chiamo Francesco Totti", non può non emozionare. Alla Festa del Cinema di Roma, pesa l’assenza di Totti, che insieme al regista Alex Infascelli avrebbe dovuto presentare il docufilm, atteso da mesi: il racconto della sua vita, dall’infanzia all’addio allo stadio Olimpico, è la parabola di un uomo normale che riceve in dono il genio del pallone. E’ lo stesso Totti a fare da voce narrante alle immagini che scorrono sullo schermo, è lui stesso che riguarda la sua vita, condividendola con gli spettatori: i primi calci al pallone in un video amatoriale Super8, i primi gol, l’ingresso nella Roma, l’amicizia con il “principe” Giuseppe Giannini, il litigio con Antonio Cassano e in parallelo i momenti salienti della vita privata, il matrimonio show con Ilary Blasi, i tre figli, senza risparmiare la fase più difficile della carriera, l’incubo Spalletti fino al commovente saluto di addio al calcio. E non manca l'ironia, una delle caratteristiche dell'uomo Francesco

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«E' un film molto particolare perché osservare una persona molto conosciuta come Francesco Totti, sapevo che sarebbe rimbalzata in tutta la città, tra romani e romanisti - dice il regista Infascelli in conferenza stampa - il film nasce dalla storia d’amore che lega Francesco alla sua città».

Assenza di Totti. La Festa del Cinema di Roma, da settimane aveva annunciato la proiezione di Mi chiamo Francesco Totti e la presenza del campione, ma il recente lutto, la perdita del padre Enzo, hanno modificato il programma celebrativo che la sua città gli avrebbe tributato nel primo week-end della Festa. «Sembra l'ennesimo capitolo di quello che è Francesco, un'altra conferma - sottolinea Infascelli - voleva che fosse il film a parlare in sua assenza, anche perché si è raccontato molto, e non avrebbe avuto molto da aggiungere.

Ha pensato di voler stare nel dolore, affinché non prendesse il sopravvento su una cosa così particolare, in cui ha dato molto a me ed al film».

Il progetto. A raccontare la genesi del docufilm è il regista, che in mente aveva una struttura precisa, sicuramente lontana dai documentari tradizionali sui campioni sportivi. «Quando ci siamo conosciuti abbiamo fatto le riprese allo stadio, poi al montaggio ho costruito una struttura filmica divisa in tre atti. Poi nella fase avanzata del lavoro è arrivato Totti, perché volevo avere un serbatoio di immagini da fagli vedere. Gli ho promesso che non l'avrei ripreso, ma che avrei solo catturato l'audio, così l'ho messo su una divano, con il microfono in alto, nella penombra della stanza ed un caffè davanti. Abbiamo cominciato a chiacchierare per ore, prima cercavo di seguire un mio copione, poi Francesco poi andava in luoghi assurdi della sua coscienza e questo flusso di coscienza l'ho messo nel film. Questo processo è andato avanti per mesi» ha raccontato Alex Infascelli nel corso della conferenza stampa.

Il si di Totti. «Non volevo andare dal calciatore, ma dall'uomo. Gli dissi non so nulla di calcio e lui mi disse sei perfetto. Credo che Francesco fosse arrivato a questo appuntamento già maturo, voleva fare questo percorso, ed io mi sono trovato al posto giusto nel momento giusto - ha raccontato il regista - tutto quello che nasce nel film viene da Francesco. Ho ascoltato la sua voce e l'ho protetta nel racconto, io volevo raccontare solo questo. Prima di accettare ho sempre pensato o è un duetto o non se ne fa niente».

 Il destino di campione. Un campione predestinato, una missione da perseguire, Francesco Totti, si racconta così durante il docufilm, confermando la visione di una vita, in cui ha avuto una grande importanza la sua fede cattolica. «La figura di Cristo, non differisce molto da Kurt Cobain (cantante dei Nirvana) o da Totti, perché tutti e tre hanno fatto in tenera età percorsi simili, anche se ognuno nel proprio mondo. Io ci vedo una relazione - ammette Infascelli -  perché hanno eliminato il loro ego per compiere una missione. Totti veniva da una famiglia molto cattolica, aveva Padre Pio vicino al letto, sapeva di compiere una missione. Il film emoziona perché lui si emoziona guardandola. Per questo non ho cercato altre voci, il dissenso o il coro contrario, è come un tema di scuola, la semplicità di una persona semplice».

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