dal nostro inviato
Cannes - Quasi un giallo ma in stile fratelli Dardenne, altri fedelissimi della Croisette, come Ken Loach. E come lui intenti a variare sempre lo stesso tipo di film, depurandolo da ogni incrostazione superflua, anche a rischio di sembrare ripetitivi. La storia: una sera, dopo l’orario di chiusura, una giovane dottoressa della mutua sente suonare alla porta ma non apre. È troppo tardi, è stanca, e poi sta spiegando a un giovanissimo stagista che un buon dottore non deve cedere alle emozioni.
Scoprirà diverse cose, in primo luogo che le sue domande danno fastidio a tutti. E che quando si cerca una verità, anche semplice ed elementare, su una persona senza storia, nessuno sa o vuole saperne niente... Questo il plot, come direbbero gli americani. Anche se più della trama dei fatti conta come sempre l’affanno, il movimento incessante della protagonista, l’investimento personale che mette nella sua ostinata ricerca della verità. Contro la mentalità dominante, che porta al silenzio e all’indifferenza. Come in tutti i film dei Dardenne: ma con qualche artificiosità in più, e un poco di risonanza metaforica in meno, per convincere fino in fondo.