«Gli adulti minano i giovani». Il
perché nel docufilm «Almeno credo»

«Gli adulti minano i giovani». Il perché nel docufilm «Almeno credo»
di Francesca Cicatelli
Martedì 23 Maggio 2017, 22:35 - Ultimo agg. 24 Maggio, 00:19
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Un po' come allevare una generazione per 10 anni e cogliere l'evoluzione del loro sguardo parallelo a corpi e menti in posizione d'accoglienza.
Il commovente docufilm “Almeno credo” di Gualtiero Peirce e Beppe Attene è stato presentato alla libreria Raffaello di Napoli alla presenza del direttore di Tv 2000 Paolo Ruffini (che ha annunciato - nel video de Il Mattino - l'indisponibilità a ricoprire un possibile incarico ai vertici Rai) e di Tjuna Notarbartolo, direttore del Premio Elsa Morante.

Il lavoro racconta il percorso esistenziale di diversi ragazzi appartenenti a varie fedi e formazioni. Il prima e il dopo e il dovere di crescere, il futuro e la responsabilità di farsene carico nelle storie di ex bimbi ora adolescenti che si confrontano ancora, come nelle rispettive ore di religione a scuola, con l'amore, la fede e il rispetto: parole e valori che scorrono l'uno sull'altro come zolle mobili, ma che, in questo caso, combaciano fino ad annullare qualsiasi distanza di percezione dell'altro e della divinità o di differenza tra i popoli, anche perché come sottolineano i ragazzi nel docufilm, «quando conosci una persona non chiedi: di che religione sei?».

Il docufilm, andato in onda su Tv 2000, riceverà il 25 maggio, all’auditorium della Rai, il premio speciale “Il mondo salvato dai ragazzini”, nell’ambito del Premio Elsa Morante Ragazzi. La sensazione residua e finale del docufilm è uno scenario giovanile che guarda al futuro con occhi migliori dei padri e con cuori più aperti di giovani che tendono al desiderio di essere salvati e a sentirsi parte di un unico progetto. Come Safa e David, che da piccoli stavano lei nella scuola musulmana e lui in quella ebraica, e che oggi frequentano lo stesso liceo, un istituto aereonautico dove condividono il medesimo sogno: volare.

Un documentario, insomma, che dovrebbe girare tra gli adulti, perché quando «i bambini sono crudeli verso gli altri è perché qualcuno ha fornito loro una percezione distorta del mondo, snaturandoli - puntualizzano Ruffini e Peirce nella videintervista a Il Mattino - e così sono travolti da un rumore conformista».  Dieci anni fa un gruppo di cattolici, ebrei e musulmani raccontava il proprio Dio in un documentario di Gualtiero Peirce intitolato "Primo giorno di Dio".

A emergere fu la constatazione che, nonostante la diversità di luoghi, abiti e rituali, i bambini chiedevano a Dio le stesse cose e ricevevano le stesse risposte. Peirce torna sui loro passi per vedere cosa pensano ora. Tutto iniziò in una scuola cattolica nel 2007, nelle aule ebraiche nel 5767 e fra i banchi islamici nel 1527. Per giorni le telecamere ripresero la vita dei bambini e degli insegnanti di tre classi confessionali di Roma: la scuola cattolica "Antonio Rosmini", l’istituto ebraico "Vittorio Polacco" e la scuola integrativa della moschea "El Fath". La convivenza è già cominciata.

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