Ivan Cotroneo: che emozione tornare al liceo con "Un bacio", il mio film su bullismo e omofobia

Ivan Cotroneo: che emozione tornare al liceo con "Un bacio", il mio film su bullismo e omofobia
di Ivan Cotroneo
Mercoledì 30 Marzo 2016, 10:31 - Ultimo agg. 12:33
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Mancano poche ore e tornerò al Liceo. Al mio Liceo. Portandomi dietro i miei 48 anni, le esperienze vissute, le cose che ho capito di me in questi anni, e quelle che resteranno sempre un mistero.
 


E’ un po’ difficile raccontare a parole cosa significhi per me il pensiero di incontrare i ragazzi che oggi frequentano il Liceo Vittorio Emanuele II di Napoli, lo stesso liceo nel quale io ho studiato, e poter mostrare loro il mio nuovo film, e parlarne, e confrontarmi con loro. “Un bacio” racconta di ragazzi sedicenni, di prime volte, di grandi emozioni, cerca di portare in un racconto cinematografico quella stagione della vita in cui tutto quello che accade ha un valore assoluto, e il primo innamoramento, ma anche il primo insulto ricevuto, sembrano momenti che ti accompagneranno tutta la vita. Ho desiderio di leggere negli occhi di questi ragazzi, che oggi studiano e vivono in quelle stesse aule in cui io, dal 1981 al 1986, ho trascorso così tanta parte della mia vita, se sono riuscito a parlare di loro, delle loro prime avventure, con quel rispetto e quella considerazione che mi ero prefissi come obiettivo dall’inizio del mio lavoro. In fondo, il vero motivo per cui ho realizzato questo film sta proprio qui: nella ricerca di questo dialogo e di questo confronto con gli adolescenti di oggi c’è la mia urgenza personale.

Mi hanno chiesto se io abbia scritto questo film, che racconta di bullismo e omofobia, a partire da ricordi personali, da un mio vissuto. La risposta è no, non ho mai sperimentato direttamente, come tanti ragazzi che invece ho incontrato, la violenza del bullismo e dell’omofobia. Sono stato un adolescente solitario, come tanti, un osservatore silenzioso, e come tanti ho sperato che quegli anni passassero in fretta. Mi sentivo differente dagli altri, e so per certo che tutti i miei compagni di classe, nella sezione C di quel Liceo di via san Sebastiano, si sentivano diversi dagli altri. Differenti da quello che ci chiedevano di essere, ognuno con il suo nome, ognuno con la sua storia, ognuno con una personale idea di felicità, in quegli anni di passaggio dai ’70 agli ’80 in cui la marca di uno zaino cominciava a diventare importante, essere vestiti ‘come gli altri’, iniziava ad assumere un’importanza spropositata.

Ho capito, a film finito, che ho realizzato questo film per chiamare i ragazzi per nome, per evitare in tutti i modi di generalizzare, di sentenziare, di pronunciare giudizi su una generazione che è fatta da milioni di diverse identità, ciascuna da rispettare. Ho capito che questo film non parla a un gruppo di persone, parla a tantissimi singoli, a quelli che allora eravamo Ivan, Mariarosaria, Carmen, Guido, Daniela, Annamaria, e oggi invece saranno altri. Ciascuno con il suo nome, ciascuno con la sua storia. Questo film è per loro, che sono adolescenti oggi, e per noi, che lo siamo stati qualche anno fa e ora siamo adulti, spesso genitori, diversi eppure gli stessi, con quel ricordo indelebile della prima gioia provata e della prima umiliazione subita.

 

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