Oscar, gli zingari felici in corsa per l'Italia: battuti i film napoletani

Oscar, gli zingari felici in corsa per l'Italia: battuti i film napoletani
di Titta Fiore
Mercoledì 27 Settembre 2017, 09:02 - Ultimo agg. 13:56
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Jonas Carpignano ha saputo di essere candidato all'Oscar alla festa per i santi Cosma e Damiano, giù alla Ciambra: dopo la processione stava ballando e bevendo alla grande, alla notizia ci ha dato dentro ancora di più. Il suo film, girato tra la comunità Rom di Gioia Tauro e intitolato come il quartiere periferico che li ospita, «A Ciambra», ha battuto una concorrenza numerosa e variegata: tra i quattordici iscritti alla nomination per il miglior film straniero, accanto ai più blasonati Amelio («La tenerezza») e Castellitto («Fortunata») c'erano anche due napoletani, il cartoon dei record «Gatta Cenerentola» di Rak-Cappiello-Guarnieri-Sansone e «L'equilibrio» di Vincenzo Marra. Il voto della commissione selezionatrice non dev'essere stato una passeggiata e non c'è stata l'unanimità richiesta dai membri più esperti. Sapremo il 23 gennaio se l'Italia riuscirà ad entrare nella rosa finale in vista della Notte delle stelle, il 4 marzo dell'anno prossimo. Ma tutti questi conti Jonas Carpignano, 33 anni, madre americana delle Barbados e papà italiano, non se li fa: con «A Ciambra» ha raccontato un mondo e ha trovato una seconda famiglia ed è quel che conta, alla fine.

Per cui il suo film è il film di tutta la comunità Rom che compare sullo schermo, la contentezza è democraticamente condivisa: «Stiamo molto, molto bene» dice al telefono salutando nello stesso tempo la signora Jolanda e il giovane Pio che si è appena svegliato, e le domande che gli arrivano le gira a loro: «Che dite, ci venite a Los Angeles con me?». Pio, il ragazzino che voleva crescere in fretta e ai provini lo seguiva come un segugio, è la star del film e di quello precedente, «Mediterranea», sui migranti di Rosarno, ma Los Angeles non sa nemmeno dov'è. E comunque, se non ci si può andare in macchina, non vale la pena di discuterne. L'Italia che mostra Carpignano difficilmente arriva sugli schermi, se non in qualche inchiesta televisiva sulle minoranze nel Mezzogiorno, anche se non è il taglio sociologico il primo interesse del regista, piuttosto lo spessore dei personaggi. «Sui Rom ho voluto evitare luoghi comuni e buonismo» ha spiegato a Cannes, dove il film è stato molto applaudito alla Quinzaine des Realizateurs. E lo ribadisce ora. Si aspettava questo riconoscimento? «Io no, e dicevo ai produttori di non farsi illusioni. Non accadrà mai, pensavo. Invece eccoci qua. Certo, è un grande onore e una grande responsabilità, la prendo molto sul serio e sono deciso a fare di tutto per centrare il risultato. Ed è una bella soddisfazione per la Ciambra, che è sempre stata trascurata». Al regista sono arrivati i complimenti del ministro della Cultura Franceschini e dell'ad di Rai Cinema Del Brocco. Dalla sua, a Hollywood, ha un testimonial fortissimo, Martin Scorsese, tanto appassionato del film da volerne diventare il produttore esecutivo. E i gusti di Scorsese da quelle parti contano. Che cosa le ha detto, Jonas? «Mi ha fatto gli auguri, tiferà per me». Cosa lo avrà colpito, della sua avventura? «Forse il fatto che sono italoamericano come lui e ho scelto di tornare. Forse».

Aspettando di partire per «la campagna» d'America, Carpignano scrive il nuovo film, «A Chiara», la storia di una quattordicenne al bivio, che non sa se lasciare la Calabria o restare. «Mi colpisce sempre il legame della gente di Gioia Tauro con la città, mi piace la loro fierezza e il senso di appartenenza a un luogo e a una cultura e voglio raccontarlo con il cinema».

Nella corsa all'Oscar dovrà vedersela con avversari agguerriti come il maestro austriaco Haneke («Happy End») o lo svedese Ostlund vincitore della Palma d'oro («The square»), il francese Campillo («120 battements par minute) o il russo Zvyagintsev abbonato ai premi («Loveless») e la rivelazione israeliana Maoz («Foxtrot»). La sfida non sarà certo facile: «Io sono pronto, mi tiro su con una bella pasta piccante calabrese e vado».

Fuori dai giochi, Luciano Stella, produttore con la factory napoletana Mad di «Gatta Cenerentola», la prende con filosofia. Dice: «Ci abbiamo provato, avevamo a favore la critica e il botteghino, il pubblico mostra di apprezzare il linguaggio innovativo del film... Si poteva osare. Del resto, già la Francia, l'anno scorso, aveva candidato un ottimo film d'animazione, La mia vita da zucchina, non siamo gli unici a percorrere la strada di uno stile contemporaneo e giovane. Il cinema per sua natura è innovazione, devi rompere le vecchie regole se vuoi avanzare. Noi ci proviamo».