Sorrentino: «Vorrei scrivere d'amore, il tema più difficile»

Sorrentino: «Vorrei scrivere d'amore, il tema più difficile»
di Fabrizio Corallo
Lunedì 7 Aprile 2014, 23:57
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I premi e l’Oscar sono uno stimolo per fare film. Cos Paolo Sorrentino, rispondendo alle domande del pubblico del teatro Petruzzelli di Bari, accorso numerosissimo per la sua lezione di cinema inserita nell’ambito della quinta edizione del Bif&st, l’International Bari Film Festival diretto da Felice Laudadio.



Il regista napoletano, tra gli ospiti vip della rassegna, è stato il mattatore della giornata festiva e in serata è stato anche premiato con il «Fellini Platinum Award» per l’eccellenza cinematografica. Ma il clou della sua presenza è stata la ”lezione” di cinema regalata a una platea partecipe che lo ha incalzato con un fuoco di fila di domande. E il regista non si è sottratto. L’unico argomento sul quale non ha fornito particolari è stato «In The Future», il prossimo film che girerà in Veneto con Michael Caine. Sul progetto non ha detto nulla, anzi, ha tolto una piccola certezza: «Il titolo non è detto che sia “In The Future”, stiamo ancora valutando quello giusto». Per il resto si è lasciato andare senza remore: «Mi piacerebbe scrivere tanto un film sull’amore, ma penso sia la cosa più difficile da fare», ha detto. «Solo in Italia - ha aggiunto - si crede che un film debba avere per forza un messaggio, raccontare qualcosa. Un lungometraggio non deve essere rappresentativo di una realtà, ma solo veritiero. L’importante è che abbia una sua verosimiglianza interna. Nel caso de “La grande bellezza” mi hanno chiesto perché ho rappresentato solo il centro e non le periferie. Ma se lo avessi fatto mi avrebbero detto: “Perché non hai raccontato anche le trattorie?”». E poi: «Cosa volevo dire con “La grande bellezza”? Volevo raccontare tutto quello che c’è. Non solo Roma, ma tutti gli stati d’animo possibili. Tutte le possibili forme di disperazione degli esseri umani. Questo è stato il mio tentativo malsano». E a chi gli chiedeva se il film con il quale ha vinto l’Oscar fosse una storia pessimistica, ha risposto piccato: «No, anzi. La scena finale è più che ottimista».



Sorrentino ha raccontato anche come è arrivato a fare il regista: «La spinta è stata un senso di rivalsa. La regia è il rifugio del dilettante concentrato. Si può essere dilettanti, basta che si sia comunque molto concentrati. Mi e capitato di vedere registi che si frenano nel loro lavoro perché quello che stanno facendo scoprono d’averlo visto in un film coreano due anni prima». E ancora, sulla distinzione tra cinema e letteratura: «Il cinema, si dice, richiede più denaro, mentre nella letteratura c’è più libertà. Non è vero. Nel cinema, anche nelle ristrettezze, ci può essere un valore se si hanno idee. Molto spesso chi dice che il suo film è carente per i pochi soldi, non accetta che invece mancavano solo le idee. Bisogna lavorare sia sulle idee del film - ha aggiunto - ma anche e soprattutto sul linguaggio. Per cercare di avere possibilità di affermazione si deve lavorare su due binari come tutti i grandi, penso a Fellini e ad Antonioni». Un no deciso, piuttosto, ai moralismi. «Il messaggio morale arriva quasi subito ed è dunque noioso. Mi piacciono invece le biografie dei mascalzoni, adoro gli asociali, gente che ha disagio a vivere in società. Persone come Andreotti, un asociale anche se sembrava il contrario. Lo stesso Jep Gambardella è un personaggio asociale, un grande frequentatore di appuntamenti sociali perché rimanda sempre di più il momento di essere solo con se stesso».



Andreotti (che il regista ha raccontato nel film «Il Divo», sempre con Toni Servillo come protagonista), a suo avviso, «ha molte analogie con Berlusconi, perché è stato il primo politico attento alla comunicazione. Era in questo senso una specie di antenato di Berlusconi e non a caso a 24 anni si fece dare la delega per il cinema».










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