Tomas Milian: «Il ritorno di Monnezza? Lo farei, ma con mio figlio»

Tomas Milian: «Il ritorno di Monnezza? Lo farei, ma con mio figlio»
di Oscar Cosulich
Venerdì 17 Ottobre 2014, 11:38 - Ultimo agg. 13:33
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«Il mio obiettivo era difficile: da cubano, volevo entrare nell’animo romano, perché vivendo e lavorando in Italia per 35 anni ho imparato a conoscere ed amare la città e la sua gente», sorride Tomas Milian, 81 anni, incontrato in una pausa delle sue apparizioni pubbliche al nono Festival Internazionale del Film di Roma, dove ieri sera ha ricevuto dalle mani di Sergio Castellitto il Marc’Aurelio Acting Award alla carriera, durante la serata d’apertura della manifestazione, mentre oggi pomeriggio incontrerà il pubblico per raccontare i segreti e i retroscena di una vita dedicata al cinema, ampliando la narrazione già avviata nel libro di memorie «Monnezza amore mio» (Rizzoli).



«L’amore che in Italia mi viene manifestato è commovente», conclude Milian, «in America quasi mi vergogno di dire che sono attore perché, anche se ho recitato in tanti film, diretto da registi come Pollack, Spielberg e Soderbergh, in realtà non mi conosce nessuno e ho paura di sembrare un vecchio matto che si vanta, qui è diverso e ne sono grato. Questo premio è la mia resurrezione».



Ma di tutti i ruoli che ha interpretato ce n’è uno che ama più degli altri?

«Monnezza! Grazie a quel personaggio sono riuscito a esorcizzare i miei traumi. Monnezza sono io senza prendermi sul serio. Così ho metabolizzato le tragedie della vita, come quando mio padre si è suicidato di fronte a me, sparandosi al petto un colpo di pistola quando avevo 12 anni, lasciandomi un senso indelebile di colpa, anche se lui era un bastardo, un militare che pensava di educarmi col bastone. Lui aveva problemi mentali e in casa era un dittatore, così quando si è sparato, insieme allo shock, ho provato anche un senso di liberazione».



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