«Vi racconto il razzismo con gli orchi e gli elfi»

«Vi racconto il razzismo con gli orchi e gli elfi»
di Francesca Scorcucchi
Lunedì 2 Ottobre 2017, 08:49
3 Minuti di Lettura
È «Training day» che incontra «Il Signore degli Anelli». Così Will Smith dice di «Bright», il nuovo film, prodotto da Netflix che rimette insieme l'attore e il visionario regista David Ayer, lo stesso che lo ha diretto in «Suicide Squad». «La storia è ambientata a Los Angeles, in un pazzo mondo dove uomini e creature fantastiche convivono. Il mio personaggio è un poliziotto di Los Angeles che pattuglia la città con un orco. Il primo orco impiegato in polizia. È fantastico per un afro-americano come me, trovare qualcuno contro cui essere razzista», spiega il divo.

Il punto di «Bright», pare essere proprio questo: raccontare la divisione, il razzismo, quando al mondo non ci sono solo bianchi o neri, asiatici o musulmani, ma fate, orchi, elfi e ogni altra possibile variante di creature fantastiche.
«È grandioso avere un mondo spettacolare di tale vastità e comunque ridurre la storia a qualcosa di molto semplice, come può essere un pregiudizio». Nei panni dell'orco c'è Joel Edgerton. Nel mondo fantastico di «Bright» ci sono varie classi sociali. Gli elfi sono al vertice, «quel famoso uno per cento», dice il regista Ayer. Gli umani stanno in mezzo, sono i colletti blu e gli orchi sono il proletariato, scavano buche, costruiscono strade e case, ma vengono fermati dalla polizia.

«Vi dice niente questo scenario?», scherza Will Smith, ma nemmeno troppo, pensando all'attualità politica del suo Paese, ma non solo: «Il film descrive una bella gerarchia sociale, analizzata con maestria. È come una fotografia del nostro mondo. Senza pistolotti noiosi il film mostra tutti gli strati e i difetti della nostra società. Le creature che popolano il mondo di Bright hanno le legittime aspirazioni e i problemi di tutti. Alla fine tutti vogliamo solo vivere una buona vita, no?».

Quello del razzismo, latente e sempre presente nella società americana, è un tema che a Will Smith è stato sempre molto a cuore, fin dagli inizi della sua carriera. In uno dei primi episodi de «Il principe di Bel Air», la serie tv che lo rese famoso nel mondo, si faceva arrestare a un controllo della polizia sull'auto sulla quale viaggiava: «Non importa come stanno realmente le cose», diceva, «se sei nero e stai guidando una bella macchina in un quartiere elegante, preparati ad essere arrestato».

Allora, quell'episodio fece scalpore. Il Will Smith di oggi, però, fa una distinzione fra razzismo e pregiudizio. «Il razzismo è piuttosto raro, il pregiudizio è ovunque. Tutti hanno preferenze e queste sono generalmente determinate dalle esperienze di vita. Il razzismo è diverso, implica il pensiero che la tua razza sia superiore alle altre. Quando incontro un vero razzista me ne allontano immediatamente, ma il più delle volte si tratta di pregiudizi e i pregiudizi si neutralizzano con la conoscenza».

Anche «Bright» può contribuire alla causa e sia Smith che Ayer ringraziano Netflix, che renderà visibile il film dal 22 dicembre: «Abbiamo avuto carta bianca, l'unico modo per fare lavori di qualità», dice il regista. Smith aveva già elogiato Netfix a Cannes, dove era giurato, e ora ribadisce: «Stiamo assistendo ad una nuova maniera di creare e consumare spettacolo e non vedo come tutto questo possa essere un problema, anzi. I film che i ragazzi vanno a vedere al cinema sono diversi dai prodotti che guardano su Netflix. Sono due mondi che non s'incontrano e che quindi non si danno fastidio».