Capossela e lo Sponz Festival:
«Miracolo in Irpinia, vincono i Coppoloni»

Capossela e lo Sponz Festival: «Miracolo in Irpinia, vincono i Coppoloni»
di Federico Vacalebre
Lunedì 15 Agosto 2016, 17:08 - Ultimo agg. 16 Agosto, 12:14
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Con il crowdfunding aveva raccolto 20.000 euro, ed aveva annunciato il «suo» festival nella «sua» terra ancor prima di sapere di essere rientrato tra gli eventi sovvenzionati dalla Regione Campania, con 150.000 euro. Tra tanti finanziamenti a pioggia ad eventi che hanno il sapore della sagra di paese, con tutto il rispetto e l’affetto per le vere sagre di paese, e nessuna ricaduta turistica, lo Sponz Fest è l’eccezione che conferma la regola: l’idea, la mano che la pratica, dovrebbe essere più importante del sovvenzionamento pubblico, ma dalle nostre parti è vero il contrario, tanti festival senz’anima vivono solo in virtù dei fondi concessi loro chissà perché. La kermesse irpina torna dal 22 al 28 agosto: il songwriter americano Micah P Hinson, Paolo Rumiz, Ascanio Celestini, Mimmo Borrelli, Domenico Quirico, Vincenzo Costantino Cinaski, Victoria Fante, la Banda della Posta, Gavino Murgia, la banda di ottoni serba Arizona Dream, Mario Brunello, i Diables de L’onyar, i mariachi Mezcal y Tres Rosas richiameranno migliaia di giovani, e non solo, nel Calitrishire, come lo chiamano ormai all’estero: la terra di papà Vito è il «comune capofila del progetto», dicono le carte, ma la carovana dell’alta Irpinia toccherà con i suoi concerti, i suoi reading, i suoi baccanali Andretta («il paese di mammà») , Bisaccia, Cairano, Conza, Sant’Andrea di Conza, Sant’Angelo dei Lombardi. Tutto, ancora una volta, con «l’incosciente direzione» di Vinicio Capossela. «Chi tiene polvere spara», dice il titolo di questa quarta edizione.

Facciamo a chi la spara più grossa, Vinicio?
«Spariamoci subito il miracolo: è miracoloso riesserci, aver convinto persino le istituzioni. Dietro lo Sponz ci sono mesi di lavoro, centinaia di volontari, l’entusiasmo di una comunità che abbiamo aiutato a risentirsi tale. Siamo piccoli, non c’è una grande organizzazione superprofessionale dietro questo miracolo, che riesce anche a superare storiche rivalità di campanile».

Vinicio santo subito, allora? Merito del genius loci?
«Noooo. Io, al massimo, sono un connettore, ho un ruolo di passaggio: questa terra è la loro terra, per dirla con Woody Guthrie, solo così posso sentirla anche mia. Ho restituito alle genti di questi paesi cose che sono già loro, ho immaginato una manifestazione che fosse radicata sul territorio ma pronta al dialogo con l’esterno, l’estero».

Nel 2014 avevi intitolato la seconda edizione «Mi sono sognato il treno», ora il treno torna a viaggiare sulla tratta Rocchetta-Conza.
«Se non è un miracolo questo... Una locomotiva e carrozze di inizio Novecento, un percorso ritrovato, una stazione riaperta non più solo per i concerti serali, i pendolari di ieri che ricordano, i ragazzi che non sanno nemmeno che un giorno i loro genitori avevano un treno, una stazione... Purtroppo è un miracolo a scadenza, passato lo Sponz richiude tutto, ma chissà, da queste parti sono. anzi siamo, cocciuti e...».

Il 27 agosto allo stadio di Calitri, ribattezzato Sponz A-rena, unica tappa campana del «Polvere tour», dedicata a uno dei due volti del doppio album «Canzoni della Cupa». Una sorta di ritorno a casa, visto che tutto è nato qui.
«Si, un ritorno sul luogo del delitto, con Giovanna Marini come nume tutelare».

Ecco, una come Giovanna, che del folk revival ha fatto una ragione di vivere e non solo un nobilissimo mestiere, come giudica il tuo rapporto anarchico con il repertorio popolare?
«Io non sono un ricercatore, forse nemmeno un trovatore. Durante il lunghissimo periodo di gestazione di questo disco, iniziato nel 2003, mi è capitato di farlo ascoltare alla Marini e di chiederle che cosa ne pensasse. Lei mi ha risposto schietta: “Grande, noi stavamo a discutere per mesi su cosa fare e come fare. Tu invece crei, canti, vai. Bravo».

Erano gli anni del folk revival diviso tra linea rossa e linea verde, militanza fedele alla linea o apertura al mercato...
«Per me erano gli anni di Giovanna, di Matteo Salvatore, di Otello Profazioni, di quanti hanno permesso anche a me di ascoltare le canzoni della cupa, di inventare suoni per antichi stornelli calitrani, di usare l’italiano dove c’era un dialetto ostico ai più: la lingua dell’alta Irpinia abita in una terra povera anche di parole, ridotta all’osso, che mi ricorda quella della terra della transumanza, delle basse Marche, dell’Abruzzo».

Che Sponz sarà? Come ci «sponzeremo»?
«Sudore e vino contribuiranno a bagnare corpi, anime, sogni, sessi. Diavoli incendieranno i borghi di Calitri, bande di mariachi risponderanno al richiamo degli stornelli irpini, alzeremo la polvere, spareremo la nostra polvere».

Una festa per quelle canzoni «bene comune recuperato»?
«Proprio così. E qui, dalle canzoni alla ferrovia all’orgoglio sono molti i beni comuni recuperati. Per una volta vincono i Coppoloni».
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