Eugenio Bennato lancia la figlia: «E canto il brigante D’Angiò»

Eugenio Bennato lancia la figlia: «E canto il brigante D’Angiò»
di Federico Vacalebre
Mercoledì 24 Maggio 2017, 10:52 - Ultimo agg. 15:23
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C’è una seconda generazione Bennato in arrivo. Dopo i tre fratelli Edoardo, Eugenio e Giorgio, tocca ora a Fulvio e Eugenia, entrambe figli dell’ex leader di Nccp e Musica Nova: il primo è tra gli autori del nuovo album della madre Pietra Montecorvino, «Colpa mia»; la seconda è la voce del nuovo singolo di papà Eugenio, «Eugenia e Hajar», in uscita venerdì ma da oggi in anteprima sul sito de «Il Mattino».
 


«Ha 13 anni, aveva già cantato una mia canzone, “Mon père et ma mère”», racconta Eugenio, «ma con distacco, senza l’esibizionismo tipico degli adolescenti. Gino Magurno l’ha sentita cantare una sera che era salita sul palco di un mio concerto e si è messo nelle orecchie: voleva scrivere una cosa per lei. L’ha fatto, me l’ha fatta sentire, l’abbiamo finita insieme, raccontando la storia del titolo, quella del suo rapporto con un’amichetta. Eugenia è nata a Napoli ma cresciuta a Tangeri, ora è tornata qua, e con Hajar sono rimaste in contatto, si promettono di non lasciarsi mai». Ecco, allora, la filastrocca franco-arabo-partenopea, uno po’ taranta e un po’ no: «Questa canzone e questa musica sono una scusa per restare ancora insieme» canta Eugenia in francese, la voce da adolescente e il volto pieno di lentiggini, prima che a risponderle sia Hajar in arabo, prima che papà Eugenio aggiunga la sua ugola. «Dall’Europa all’America tutte le ragazze si assomigliano», ripetono convinte le due ragazzine e il decano del folk revival, e nel giorno della strage di bambini a Manchester purtroppo sono blando balsamo sulle ferite, magari bastasse una cosmopolita tarantella d’ammore (due emme, non è un refuso) per fermare l’odio, i padroni delle guerre, i kamikaze, chi fa affari con i terroristi, gli integralismi religiosi...

«Eugenia e Hajar», però, si danno la mano, sorridono, cantano una canzoncina di speranza: «Se la speranza non ce l’hai a 13 anni non l’avrai mai più», riflette agrodolce l’uomo della Musica Nova, che intanto prepara il concerto con cui sabato sera, al parco archeologico del Pausilypon, inaugurerà la nuova edizione della rassegna «Suggestioni all’imbrunire», «Sinfonia per un brigante»: «È un concerto sulla musica di Carlo D’Angiò, scomparso il 5 settembre dell’anno scorso, ma non è un memorial, un ricordo funebre, quanto un atto d’amore e di vita, anzi di estrema vitalità. Battezzo un gruppo, le Voci del Sud, tre ragazzi e tre ragazze di Salerno e dintorni: sono venuti da me chiedendomi di lavorare sulla lezione di Carlo, l’hanno studiata come merita il suo straordinario incrocio di tradizioni: il nostro Meridione, il blues del Mississippi, persino l’eco del rock che era una cultura oltre che un suono e aveva sconvolto le nostre vite di scugnizzi di Bagnoli. Con loro, con Erasmo Petringa al violoncello e Angelo Coffi al pianoforte, rileggeremo pagine mai eseguite dal vivo, perché scritte per colonne sonore, per balletti, ma anche alcune delle sue melodie diventate dei classici popolari del Sud: “Brigante se more”, “Canzone per Juzzella”, “Quanno turnammo a nascere”, “M’è venuta ‘na voglia”... Forse è venuto il momento di riflettere su quanto siano stati importanti quegli anni, che cosa abbia significato quel salto dal folk revival al nuovo stile popolare, dalla riscoperta delle nostre radici alla costruzione di un suono con cui potessimo raccontare anche il nostro presente partendo da canoni antichi, in via d’estinzione. E di comprendere quanto sia stato determinante l’apporto di D’Angiò, l’ingegnere prestato alla musica, l’uomo dei numeri che sapeva farsi canto libero: l’unica cosa che non potremo restituire alla sua musica sarà la sua voce, particolarissima».

A Carlo sarebbe piaciuto sentire Eugenia cantare la sua tarantella junior per ribadire che «dall’Europa all’America tutte le ragazze si assomigliano».
Gli sarebbe sembrata una di quelle musiche nove che inseguiamo da sempre.

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