Franco Battiato: «Come mai tanti progetti?
Sento la fine vicina»

Franco Battiato e Antony
Franco Battiato e Antony
di Federico Vacalebre
Mercoledì 27 Novembre 2013, 17:08 - Ultimo agg. 17:12
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I suoi 68 anni Franco Battiato non li sente pesare: l’altra sera era a Napoli, teatro Augusteo, con il tour di Diwan, l’essenza del reale, dedicato alla poesia araba sviluppatasi in Sicilia intorno all’anno Mille; ieri era a Roma per presentare Del suo veloce volo, album live diviso con Antony e la Filarmonica Toscanini; oggi sar prima al Centro Sperimentale di Cinematografia, sempre a Roma, per parlare di Creativit e le sue possibili declinazioni, poi, in serata, a Trieste ancora con Diwan; venerd sar al Torino Film Festival per l’anteprima di Temporary road, un documentario su di lui di Giuseppe Pollicelli e Mario Tani; sabato partir per Katmand sulle tracce di uomini straordinari per le ultime riprese di Attraversando il Bardo, suo docufilm sul tema della morte nelle diverse tradizioni spirituali. E dovrei anche trovare il tempo per scrivere una canzone per Alice, le hanno chiesto di tornare a Sanremo: nel caso la prendano io stavolta non la accompagner, ma un pezzo glielo darei volentieri, se riuscissi a scriverlo, spiega.

Come mai tanta carne a cuore, Franco?

«Probabilmente si avvicina la fine, meglio cogliere il giorno, il progetto».



Di morte, e reincarnazione, parlerà in «Attraversando il Bardo».

«Sono così contento di farlo... È l’argomento rimosso dei nostri tempi, eppure la morte non è fine, non è inizio, ma passaggio: dopo fai i conti con quel che hai fatto. O la paghi, o la godi o resti inutile. Ho parlato con saggi d’Oriente e d’Occidente, asceti, psicologi. Ho sentito un frate che crede nella reincarnazione, ma anche il mio amico Manlio Sgalambro, ateo solo per restare fedele alla sua filosofia. Ho già girato in Sicilia tra scenari poco conosciuti. E ora mi aspettano tre Lama nel monastero di Parphing: i buddhisti tibetani sono quelli che hanno l’idea più chiara su cosa succede agli uomini subito dopo la morte».



Il docufilm ha una genesi produttiva particolare.

«Il committente è un operaio siciliano, vicino alla pensione, una persona semplice ma con una testa che viaggia veloce. Ha messo 50 mila euro in questo progetto, stiamo stretti, ma ce la faremo».



«Del suo veloce volo» è la cronaca fedele dell’emozionante concerto del 2 settembre all’Arena di Verona.

«Con Antony ci siamo conosciuti piano piano, abbiamo iniziato una timida collaborazione culminata in quella notte in cui abbiamo diviso onori e oneri e duettato le sue ”You are my sister” e ”Frankenstein”, già tradotta su ”Fleurs 2” in ”Del suo veloce volo”, e ”As tears go by” dei Rolling Stones: quando lui canta la strofa non esegue nemmeno una nota dell’originale, poi si unisce perfettamente a me nel ritornello. È un fenomeno, ha una voce straordinaria».



Quella sera c’era anche Alice, con cui invece collabora da una vita.

«Ricordo ancora quel discografico che mi disse che se ”Il vento caldo dell’estate” avesse funzionato lui avrebbe cambiato mestiere. Quando arrivò prima in hit parade lo chiamai, era ancora al suo posto. Nel cd con Alice facciamo ”I treni di Tozeur” e ”La realtà non esiste”».



Che è di Claudio Rocchi, il cantautore di «Il volo», per decenni anima italiana degli Hare Krishna, scomparso negl giugno scorso: con lui divise la Milano ribelle degli anni Settanta. Che cosa resta di quella stagione?

«Niente, oggi la quantità vince sulla qualità, siamo circondati da un 99% di cose inutili. Claudio è stato un amico e un artista, ma quella canzone vale a prescindere, è rimasta intatta, nel suo continuo modulare accordi diversi come in una sequenza naturale».



Nonostante la natura inedita di «Diwan», l’altra sera il pubblico napoletano ha applaudito il viaggio nella Sicilia dei poeti arabi messo in scena con le voci di Sakina Al Azami, Etta Scollo e Nabil Salameh, applaudendo particolarmente «Fogh in Nakhal», la «’O sole mio» persiana.

È vero. E quando, nei bis, per ”Voglio vederti danzare” si è ammassato a ballare sotto il palco ho capito che eravamo rovinati. Mi ha praticamente imposto di intonare, quasi a cappella, ”Era de maggio”. Per fortuna che ho ricordato i versi».



Finiamo con la politica?

«Se proprio dobbiamo, ma conosco fini migliori».



Tra i cantautori va di moda dire che non voteranno alle primarie del Pd.

«Per quel che mi riguarda cerco di inserirmi tra i 30 milioni di italiani che non votano, e non solo alle primarie. L’esperienza da assessore mi ha deluso, ma resto convinto che con più coraggio in Sicilia sarebbe stato possibile compiere una rivoluzione. La vicenda della decadenza di Berlusconi?

«Quando assisti a vicende come la sua ascesa al potere ti rendi conto che siamo nella mani della follia. E tutto è possibile perché siamo un popolo di individualisti».
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