Gregg Allman, il disco-testamento

Gregg Allman
Gregg Allman
di Federico Vacalebre
Mercoledì 16 Agosto 2017, 16:47
3 Minuti di Lettura

La nostalgia è canaglia, ma «Southern blood», in uscita l’8 settembre per la Rounder, sarebbe un signor disco, uno di quelli da far suonare centinaia di volta e da presentare agli amici e agli amori degni di essere tali, anche se non fosse l’album postumo di Gregg Allman, un testamento evidente, per quanto non dichiarato. Morto a 69 anni lo scorso 27 maggio, il rocker aveva saputo nel 2012 che il trapianto di fegato a cui si era sottoposto due anni prima non gli aveva salvato la vita dopo decadi di tossicodipendenza: dopo l’epatite era arrivato un tumore. Quando i medici glielo dissero decise di non sottoporsi alle cure radio: «Voglio vivere quel che mi resta nella mia casa, con la mia famiglia. E in tour, con la mia musica, tra i miei fans». Così ha fatto, decidendo di tornare nei mitici studi di Muscle Shoals, Alabama, dove con il fratello Duane aveva inciso a fine anni ‘60 con gli Hour Glass, band dell’era pre Allman Brothers, e dove il fratello aveva iniziato la sua carriera di mito della chitarra accompagnando Aretha Franklin, Wilson Pickett ed altri eroi del r’n’b.
Il sound di Muscle Shoals è riconoscibilissimo, come la voce di Gregg, appena più controllata, pensosa, ma mai ripiegata. Non ce l’ha fatta a scrivere inediti, così ha scelto tra cover a lui care, affidandosi poi a Don Was: «Credo ci fosse un tacito accordo che questo lavoro chiudesse la sua carriera riassumendola nello stesso tempo», racconta il produttore. Solo «My only true friend» porta la sua firma: il suo chitarrista Scott Sharrard l’aveva scritta dopo un sogno in cui Duane parlava con Gregg («ma non glielo avevo detto, non volevo sembrasse quello che era, un addio al mondo»)) e Gregg l’ha completata rispondendo al fratello. Il resto lo fanno «Going going gone» di Dylan, «Black muddy river» dei Grateful Dead, «Willin’» dei Little Feat, «Once I was» di Tim Buckley, «I love the life I live» di Willie Dixon, «Blind bats and swamp rats» di Jack Avery... Non un pezzo, non un suono - blues, southern, country, soul, rhythm and blies... - e non un verso sono a caso, persino l’ordine dei brani in scaletta sembra voler raccontare la leggenda dei fratelli Allman, con Greg che ha scelto pezzi da dischi per lui importanti, con parole per lui importanti. Voleva fare un disco degno dell’esordio solista «Laid back» del 1973. C’è riuscito, salutandoci con un album emozionante.

© RIPRODUZIONE RISERVATA