«Napoli trip», pianofortissimo Bollani all'Arena Flegrea

«Napoli trip», pianofortissimo Bollani all'Arena Flegrea
di Federico Vacalebre
Martedì 19 Luglio 2016, 11:06 - Ultimo agg. 11:08
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Ha appena chiuso «Umbria jazz» cercando di smuovere il pubblico - era sold out - della kermesse perugina, un po' imbalsamato, forse provato dal caldo e dalla quantità di musica vissuta.

Ma l'approdo di «Napoli trip» a Napoli, Arena Flegrea, rende il concerto di stasera a dir poco particolare, una sorta di prova del nove: amatissimo anche a queste latitudini, dove i suoi concerti teatrali sono sempre da tutto esaurito, Stefano Bollani si presenta con un repertorio e una band che sono insieme atto d'omaggio e anche promessa di rinnovamento per un repertorio amatissimo e glocal.

«Ho raccontato mille volte come una mia lettera da ragazzino a Renato Carosone ed il suo suggerimento di studiare il blues siano alla base della mia carriera, o quantomeno della decisione di fare questo mestiere», ricorda il pianista, «ma il mio ultimo disco va oltre, ammette l'ammirazione per una schiera di artisti geniali ma mai supponenti, capaci di melodie immortali e di versi strappalacrime ma anche di inseguire la dimensione ludica del fare musica, l'arte del sorriso». Eccolo, allora, armarsi del sax insieme torrido e beffardo anzi iconoclasta di Daniele Sepe, suo primo complice in questa avventura, che dal vivo arruola anche Nico Gori al clarinetto e Jim Black alla batteria. A Perugia l'artista partenopeo ha arringato il pubblico ricordando la sua «prima volta a Umbria Jazz, con sacco a pelo e 20.000 lire in tasca. Ma erano altri tempi, adesso alloggio in un hotel di lusso e non riesco a far ballare... le sedie».
Aperta da Massimo Ranieri e la sua Napoli leggermente jazzata con la complicità di Rava & Co, «Umbria jazz» ha chiuso con una Napoli jazz jazz, dove Nino Taranto e i classicissimi di Di Giacomo diventano pre-testo (anzi post-testo) per improvvisazioni che sono reinvenzioni, ri-letture che sono letture profonde e comunità di melodiosi sensi.
Un mood piaciuto anche a Chick Corea, che con Bollani si è tolto lo sfizio in passato di esibizioni per due pianoforti e che dietro le quinte perugine non ha fatto mancare gli elogi al gruppo: «Ripartiamo dal maestro Carosone, di lui mi piaceva tutto: il compositore, il virtuoso, lo showman, il bandleader. Faceva canzoni e le metteva in scena come fossero una commedia all'italiana, era un musicista straordinario. E arriviamo fino a Pino Daniele, altro americano di Napoli, anzi fino al mio amico Lorenzo Hengeller, anche lui pianista e fine umorista, come dimostra la sua 'Guapparia 2000», spiega Stefano, ogni riccio un capriccio.

E se Hengeller dovrebbe essere ospite sul palco dell'Arena Flegrea questa sera, le melodie napoletane riconquisteranno la centralità in uno spazio in cui furono protagoniste nei lontani anni Cinquanta e Sessanta: «Sotto il vulcano con queste musiche vulcaniche, una sfida nella sfida», ammette il pianista, «maneggereno ancor con più cura, amore e sorrisi questi brani nati veraci ma per fare il giro del mondo.

Come nel caso del mio disco su Frank Zappa ho mostrato la mia passione per un canzoniere senza appiattirmici sopra, qui senza la voce e i versi, lì senza la chitarra.

Non si fotocopia un'emozione, la si vive per restituirla uguale e diversa. In fondo Napoli mi piace come città anche per il diffuso senso di ribellione che la anima, verso tutti e a ogni costo. E uno come Sepe nel gruppo serve anche a questo: a ricordarci che fare musica non significa mai seguire il gregge».

Dalla ciurma di «Capitan Capitone e i fratelli della costa» - sono previste incursioni piratesche di Aldolà Chivalà, Gnut, Andrea Tartaglia, Roberto Colella e Alessio Sollo - arriva anche la supporter della serata, Flo, con il canto miscredente e fintamente dolce di «Il mese del rosario»: Sepe l'ha lanciata nel suo gruppo, ma la chanteuse partenopea ormai è una certezza della nuova scena cantautorale italiana, tra versi feroci, melodie soffici e omaggi alla maestra Rosa Balistreri.